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CURA E PREVENZIONE DEL COLPO DI CALORE

13 Agosto 2019 Blog, Patologie

Dott. Michel MALLARD medico-chirurgo specializzato in Medicina d’Urgenza, Omeopatia e Agopuntura.
FERMO (FM) Tel : 340 5023405
Il colpo di calore deve essere velocemente riconosciuto e trattato d’urgenza per evitare un possibile esito fatale. Sono particolarmente esposti i bambini al di sotto dei 4 anni, gli anziani oltre i 65 anni, gli obesi ed i pazienti con disturbi cardiaci, renali, polmonari o epatici.
Dobbiamo essere preparati ad evitarlo, visto che la sua incidenza aumenterà con il riscaldamento del pianeta.

COME SI RICONOSCE IL COLPO DI CALORE ?

Durante un episodio di esposizione prolungata a temperature elevate (spesso al sole o per gli anziani, anche in casa, durante le ondate di calore) o di pratica sportiva o lavorativa intensa in ambito caldo e umido, capita che falliscano i meccanismi compensatori per la dissipazione del calore gestiti dalle cellule sensibili alle variazioni di temperature dei nuclei anteriori e preottico dell’ipotalamo anteriore, provocando un aumento progressivo e notevole della temperatura centrale che si accompagna a sintomi mentali e neurologici.
In rari casi, il colpo di calore, insorge in seguito a consumo di cocaina e amfetamina o di farmaci antidepressivi IMAO (sindrome serotoninergica) o di neurolettici: alloperidolo, clorpromazina (sindrome neurolettica maligna) o ancora di anestetici in pazienti geneticamente predisposti.
Alcuni farmaci possono favorire il colpo di calore: anti-Parkinson perchè inibiscono la sudorazione e diuretici perché aumentano l’escrezione urinaria di liquidi.
La diagnosi differenziale si fa con le altre cause di ipertermia: infezione tipo meningite e sepsi, crisi tireotossica, sindrome da shock tossico, intossicazioni, stato di male epilettico, convulsioni, ictus.
Nell’esaurimento da calore (ipotensione da perdita di liquidi), seguito dal collasso da calore se non è preso in tempo, la temperatura è inferiore a 40°C e non ci sono le alterazioni del sistema nervoso centrale.
Sono comunque da prendere in considerazione per evitare di arrivare al colpo di calore.
La stessa attenzione sarà data ai crampi da calore, avvertimenti di scompenso idro- elettrolitico all’esposizione al caldo che colpisce l’addome e gli arti. L’uno come l’altro si curano con il riposo, la reidratazione salina e il refrigerio con doccia o bagno.
Nella definizione del colpo di calore, la temperatura corporea supera i 40°C senza che la persona affetta se ne accorga.
La cute è calda, arrossata e piuttosto senza sudorazione (50% dei casi).
Il viso diventa bluastro.
I primi sintomi di disfunzione cerebrale sono:
• Astenia, debolezza, affaticamento allo sforzo e dolori muscolari;
• Sensazione di malessere;
• Acufeni e sensazioni vertiginosi con nausea e vomito;
• Scarsa coordinazione motoria con goffaggine (atassia cerebellare);
• Stordimento.
poi insorgono:
• Cefalea;
• Vista annebbiata;
• Disorientamento temporo-spaziale, agitazione;
• Confusione mentale, comportamento bizzarro, aggressività, allucinazioni, delirio, epilessia e coma.
Osserviamo anche un’attivazione del sistema nervoso simpatico nel tentativo di far fronte alla situazione.
L’evidenzia la midriasi, l’accelerazione della frequenza respiratoria e della frequenza cardiaca per aumentare la dissipazione del calore attraverso l’aumento del flusso ematico che passa da 200 mL/min a 7-8 L/min, che permette di aumentare la perspirazione di acqua che può così superare 2 litri in un’ora, spiegando la costante presenza della disidratazione.
La pressione arteriosa è molto alta o molto bassa.
Questa forma di ipertermia denatura le proteine (sopra 41°C), scatenando una risposta anti- infiammatoria sistemica attraverso la liberazione delle citochine proinfiammatorie (TNFalfa, IL-1beta) che provoca una disfunzione multi-organo (cervello, muscolo, rene, polmone, fegato) inducendo una coagulazione intravascolare disseminata e spesso il decesso.
Se la temperatura supera i 44°C, difficilmente il paziente potrà sopravvivere.

 

COME SI CURA IL COLPO DI CALORE ?

L’urgenza vitale è raffreddare il corpo per bloccare la crescita della temperature che risulterebbe fatale.
In attesa di un’ambulanza medicalizzata che verrà richiesta al 118, il corpo deve essere raffreddato immediatamente con l’immersione in acqua fredda: a casa dentro una vasca da bagno o in una piscina, in gita in montagna dentro ad un lago, un fiume o un torrente.
Nell’acqua la pelle dovrà essere massaggiata per favorire la dispersione del calore a livello cutaneo.
In assenza di possibilità di immersione in acqua, di doccia o di ghiaccio, nell’attesa dell’ambulanza, portare il paziente spogliato in un luogo ombroso, fresco e possibilmente ventilato con corrente d’aria, ventilatore, ventaglio o asciugacapelli. Distendere il paziente, sollevare le gambe e nel caso che la temperatura dell’ambiente superi i 35°C, applicare sul corpo asciugamani imbevuti di acqua fredda da bagnare nuovamente non appena diventino tiepidi.
In caso di coma, controllare il polso carotideo e praticare la rianimazione cardiorespiratoria in caso di arresto cardiaco.
Durante il trasporto in ambulanza, il raffreddamento proseguirà con l’applicazione delle buste di ghiaccio chimico sull’inguine e sulle ascelle (con un panno protettore per evitare ustioni da ghiaccio).
Dopo aver stabilizzato il paziente, in ospedale, il raffreddamento proseguirà anche in vasca adatta (se disponibile) o con spruzzi di acqua nebulizzata a 15°C su tutto il corpo nudo tenuto all’aria su di una rete dove l’evaporazione sarà ottenuta con dei ventilatori che faranno circolare aria riscaldata a 45°C intorno al corpo. Con questa tecnica, il raffreddamento avviene in meno di un’ora. (TANEN D.)
Si possono utilizzare anche delle coperte refrigerate.
Senza questo tempestivo raffreddamento, la percentuale di decesso è dell’ 80% !
Si interromperà il raffreddamento quando la temperatura corporea sarà scesa sotto i 38,5°C e si riprenderà qualora, la stessa, risalga di nuovo.
A Seconda della gravità del caso (temperatura altissima e sintomi gravi) possono persistere dei postumi neurologici e renali (insufficienza renale post rabdomiolisi) che generalmente interessano circa il 20 % dei sopravvissuti.
Ricorrere a farmaci indicati nel trattamento della febbre risulta inutile e va evitato per la loro tossicità renale o epatica.
Sarà anche fondamentale la reidratazione (da 1 a 2 litri, in assenza di edema polmonare), che, una volta considerate le condizione neurologiche del paziente si farà per via endovenosa con soluzione fisiologica (cloruro di sodio al 0,9%) raffreddata a 4°C, da iniziare in ambulanza e proseguita all’ospedale dove nei casi gravi il paziente viene ricoverato nel reparto di rianimazione, dove saranno monitorati: disidratazione, emogasanalisi, temperatura centrale, pressione arteriosa, elettroliti, Creatinfosfochinasi (CPK), emocromo, coagulazione, funzione renale, funzione epatica.

L’apporto di potassio presente nelle soluzioni poli elettrolitiche si fa solo dopo controllo della kaliemia che può essere elevata per motivo per danno muscolare e renale. L’apporto di glucosio si fa in caso di ipoglicemia, frequente in questi casi.
L’eventuale stato convulsivo sarà trattato con diazepam iniettabile, utilizzato anche in caso di agitazione. Gravi conseguenze come l’iperkaliemia, l’insufficienza renale acuta severa o la coagulazione intravascolare disseminata saranno trattati come da protocolli di rianimazione.
La dimissione ospedaliera avviene dopo ripresa di un autocontrollo della temperatura centrale.

 

COME SI PREVIENE IL COLPO DI CALORE ?

Il colpo di calore si prevenne con il buon senso, come per esempio il non lasciare bambini o anziani in macchine esposte al sole o ancora evitando lavori in ambienti molto caldi (fascia centrale del giorno) o non ventilati.
Una particolare attenzione al colpo di calore, la deve avere lo sportivo, perché fino ad adesso è la categoria la più colpita. I
infatti, impegnato nello sforzo l’atleta tende spesso a sottovalutare le sensazioni spiacevoli che il colpo di calore produce. Invece si dovrebbe fermare all’insorgere dei primi sintomi, mettere in opera tutti i consigli descritti in questo articolo e chiedere l’intervento di terzi o del 118 a seconda della situazione.
Come il meccanismo di eliminazione del calore corporeo in eccesso utilizza principalmente (65%) il principio dell’irraggiamento, occorre spostarsi in ambiente inferiore ai 35°C per cominciare a stare meglio dopo aver percepito i primi sintomi di esaurimento da calore.
L’evaporazione dell’acqua della perspirazione della cute (1 gr di acqua evaporata sulla pelle fa perdere 1 caloria dalla quantità di calore contenuta nel corpo) rappresenta il 30% del raffreddamento fisiologico ma rimane l’unico quando la temperatura ambiente supera i 35°C.

Ma per farlo funzionare occorrono le seguenti condizioni:
La prima condizione è di avere acqua da evaporare.
Quindi dobbiamo bere tanto: più di 2 litri al dì, senza aspettare la sete che è un cattivo indicatore di disidratazione perché è attivata solo quando l’osmolalità plasmatica aumenta dall’1 al 2 %.
In alcune situazioni di grande esposizione al calore, non è raro di bere 5 litri al dì, anche 8 litri nel deserto o durante le corse in montagna d’estate.

Anche se beviamo tanto e regolarmente (ogni 20 minuti) durante l’esposizione, sappiamo che in caso estremo con perdita di 2 litri di acqua all’ora, non arriviamo a compensare totalmente perché l’intestino ha un massimo assorbimento di 1,2 litro di acqua all’ora!

Un’accelerazione dell’assorbimento dell’acqua può essere ottenuto con la presenza di carboidrati a una concentrazione del 6%, invece una concentrazione superiore rallenta l’assorbimento.

Nel caso di consumo di abbondante quantità di acqua è necessario l’aggiunta di 1 cp di un grammo o ¼ di cucchiaino di sale di cucina (spesso presente nelle bevande sportive) per evitare l’iponatremia chi si annunzia con la comparsa di crampi muscolari.
Le compresse di NaCl non devono essere ingerite non sciolte perché irritano lo stomaco, possono causare vomito e non trattano la disidratazione.
Non dimentichiamo che il colpo di calore è la seconda causa di morte nello sport. L’idratazione degli sportivi o dei lavoratori in ambiente caldo e/o umido deve essere monitorata attraverso il controllo del peso corporeo. Nel caso di perdita dal 2 al 3% del loro peso, devono compensare con l’introito di liquidi prima di riprendere l’attività. Nel caso di perdita superiore al 4% devono sospendere l’attività un giorno, compensare la perdita d’acqua e riprendere solo dopo aver controllato che il proprio peso sia rientrato nella norma.
La seconda condizione è avere un basso grado di umidità attorno alla cute, perché se l’aria è saturata in acqua, l’acqua della perspirazione non può evaporare.
La conseguenza è la creazione del sudore che cola lungo il corpo, portando via acqua e sali minerali, purtroppo lasciando le calorie nel corpo!
Questa situazione provoca una disidratazione esponendo il corpo ad un circolo vizioso verso il colpo di calore.
La soluzione è di abbassare l’umidità attorno al corpo, esponendolo, scoperto ad una corrente di aria.
Quindi la traspirazione sarà facilitata dalla cute nuda.

La necessità di portare dei vestiti, ce li farà scegliere leggeri, ampi e traspiranti.
Un buon criterio per valutare le qualità del vestiario, è l’assenza di sudore addosso quando è indossato, ovviamente.
In casa utilizziamo un deumidificatore e i classici ventilatori e all’aperto, cerchiamo posti ventilati come ad esempio, le colline nelle montagne.

La correlazione tra misura dell’umidità e misura della temperatura da un valore chiamato Temperatura del bulbo umido. Questi risultati sono riportati su una tabella molto utilizzata dai militari, industriali e sportivi perché serve da guida ad un’attività consigliata o meno.
Un’altra soluzione complementare consiste a perdere calorie per convezione (per es, in montagna: esporsi ad un vento più freddo) e per conduzione con il contatto diretto con un ambiente di temperatura inferiore a quella del corpo:
– sulla spiaggia, fare il bagno spesso nel mare;
– in montagna fare il bagno dentro il lago, il torrente o stare sotto una cascata;
– in casa fare il bagno o la doccia.

Naturalmente, questo incontro con l’acqua fredda sarà progressivo per evitare l’idrocuzione e sarà solo parziale nel periodo post-prandiale o in caso di consumo di alcol.
In assenza di acqua fredda per fare il bagno, la soluzione è di applicare il ghiaccio sul corpo proteggendo la cute con un lieve pano.
In assenza di ghiaccio naturale, usiamo il ghiaccio chimico, pratico da trasportare nella borsa dello sportivo o del lavoratore.

LISSOWAY J.B. et al. hanno dimostrato che l’applicazione del ghiaccio sulle guance, il palmo delle mani e la pianta dei piedi è più efficace che l’uso classico in posizione inguinale e ascellare.
È ovvio pensare a togliere gli indumenti che impediscono la diffusione del calore prima di effettuare un sforzo fisico (per esempio lo speleologo subacqueo deve togliere la sua tuta di neoprene prima di salire sulle corde all’uscita d’un sifone).
L’intensa sudorazione provocata sotto i vestiti non traspiranti diminuisce il volume plasmatico provocando un esaurimento da calore e un innalzamento della temperatura corporea esponendo l’organismo al colpo di calore.
Non si esce sotto il sole senza cappello, abiti larghi e leggeri di colore bianco o chiaro, che riflettono meglio i raggi del sole rispetto a quelli scuri.
La dieta leggermente più saporita darà la preferenza a frutta fresca e verdura per il loro contenuto di acqua e sali minerali; saranno invece da evitare i cibi grassi che aumentano l’apporto calorico.
Mantenersi ben idratatati prima, durante e dopo l’attività sportiva.
Il consumo di bevande alcoliche e super-alcoliche sarà evitato a pranzo nei giorni di caldo.
L’obeso dovrà iniziare una dieta dimagrante, se non la sta facendo già, perché rischia tre volte di più il colpo di calore.
Il cardiopatico farà una visita cardiologica all’inizio della stagione calda perché, forse gli verrà diminuita la posologia del suo diuretico o aumentata quella del suo betabloccante, per esempio.
Un’attenzione molto accurata deve essere portata ai bambini, ancora di più se soffrono di patologie croniche.
Il bambino piccolo è molto esposto al colpo di calore perché il suo sistema nervoso ed in particolare quello della termoregolazione è ancora immaturo e anche perché la sua superficie corporea, che permette la traspirazione è più ridotta.
Non far uscire un bambino nelle ore più calde (dalle 11 alle 17).

Esporre il bambino al sole diretto solo dopo l’anno di vita e con prudenza con creme solari ad alta protezioni per evitare ustioni.
I raggi solari sono utili per la produzione della vitamina D ma l’esposizione deve essere molto graduale.
La testa dei bambini dovrà essere spesso bagnata, dovranno essere poco coperti con indumenti leggeri, chiari, larghi di cotone o lino.
Aumentare l’apporto idrico e rinfrescare tutto il corpo con una doccia o con un bagno.
Per chi sa di doversi esporre, per sport o per lavoro a queste condizioni climatiche estreme, è consigliato l’acclimatazione progressiva da una a due settimane in un ambiente caldo con 1h a 2 h di esercizio fisico al dì con aumenti di intensità giorno dopo giorno.
L’acclimatazione aumenta la perspirazione e diminuisce il contenuto in elettroliti del sudore e quindi riduce il rischio di sviluppare una patologia da calore.
Come direbbe LA PALISSE la migliore delle prevenzione è non esporsi al caldo, quindi avere aria condizionata nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro… ma non è sempre possibile.

BIBLIOGRAFIA
LISSOWAY J.B. et al. Novel Application of Chemical Cold Packs for Treatment of Exercise-Induced Hyperthermia: A Randomized Controlled Trial. WILDERNESS & ENVIRONMENTAL MEDICINE, 2015; 26: 173–179.
MALLARD M. Secours et Prévention en Spéléologie. 1985, Thése de doctorat en Médecine, Univ. Lille, France.
TANEN D. Heatstroke. Manuale MSD, Professional version, 2017, Kenilworth, USA.
WWW. OSPEDALEBAMBINOGESU.IT

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CURA NATURALE DELLE PUNTURE D’INSETTO NON COMPLICATE

8 Agosto 2019 Blog, Patologie

Dr Michel MALLARD medico-chirurgo omeopata e aroma terapeuta specializzato in Medicina d’Urgenza, con esperienza in Centro Anti-Veleno.
FERMO (FM) Tel : 340 5023405

Troverete in questo articolo rimedi naturali per curare le punture d’insetto non complicate.
Invece, nel caso di reazione locale importante (infezione o dolore) o ancora di reazione sistemica (febbre, mal essere generale), è importante consultare urgentemente un medico per una diagnosi ed una cura adattata ad ogni caso. La persona allergica alle punture d’insetto, per esempio la vespa, deve immediatamente chiamare il 118 per ottenere nei migliori tempi l’aiuto sanitario idoneo alla situazione, anche se è in possesso dell’adrenalina in siringa auto iniettabile.

 

DA CHE INSETTO SEI STATO PUNTO ?

In Italia, tra le punture d’insetto più comuni, troviamo:

di zanzare che provocano un pomfo arrossato e tanto prurito fastidioso, che può durare più giorni, soprattutto se non abbiamo resistito a grattarci.
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In caso di febbre e/o di eruzioni, congiuntivite, dolori articolari e/o muscolari, debolezza muscolare e parestesie, deficit della sensibilità nelle ore e giorni successivi, è consigliato consultare un medico per eliminare un infezione da arbovirus, come la dengue, la Chikungunya, la febbre Zika, trasmesse dalla zanzara tigre (Aedes albopictus) o la Febbre West Nile trasmessa dalla zanzara comune (Culex pipiens).

di pappataci (Phlebotomus) che danno un arrossamento circolare dintorno alle punture, un forte prurito ed in alcuni casi trasmettono la febbre del virus Toscana o ancora la leishmaniosi,
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parassitosi che si manifesta dopo 4 a 8 settimane d’incubazione con ulcerazione cutaneo-mucosa o con manifestazioni viscerali (splenomegalia, piastrinopenia, emorragia, leucopenia,..).
Nel dubbio è utile la visita infettivologica.

di zecche (900 specie raggruppate in 3 famiglie) conosciute per il rischio di trasmissione dello spirochete Borrelia burgdorferi responsabile delle malattia di Lyme o borreliosi. I sintomi sono rash cutaneo eritematoso migrante che può essere seguito da manifestazioni neurologiche, cardiache o articolari.
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Le zecche sono anche in grado di trasmettere all’uomo: la tularemia, la febbre Q, la febbre bottonosa da rickettsiae, l’ehrlichiosi, la babesiosi, la febbre ricorrente da zecche e l’encefalite virale.
Il morso delle zecca non da ne dolori, ne prurito. Ci si accorge solo quando sta succhiando il sangue, e non sempre subito.
Per questo, è consigliato fare una rapida ispezione del corpo dopo aver camminato nell’erba alta o in un bosco.
Il distaccamento delle zecca è facilitato da un piccolo strumento che permette di fare girare l’insetto in senso anti orario fino a quando non avrà lasciato la presa, evitando così che la zecca si rompa; altrimenti il rischio è che la testa rimanga nella cute se si tira violentemente o meno per esempio con l’aiuto dell’etere o di un accendino. La puntura lascia un gonfiore ed una ferita che si copre di una piccola crosta per qualche giorno. Eseguire gli esami di laboratorio solo se compaiono segni o sintomi di infezione.

di formiche, di cui il veleno provoca arrossamento, prurito e gonfiore centrato da una vescica trasparente, nel giro di un’ora. La successiva torbidità del liquido può essere accompagnata da dolore.

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La puntura di formica è caratterizzata da un morso centrale circondato da un cerchio di punture arrossato, perché la formica si ancora poi punge ripetutamente muovendo il suo corpo intorno alla sede del morso. Il veleno della Formica rufa o rossa (Pheidole Megacephala), principalmente rappresentata in Italia nelle Alpi, dove è protetta in Regione Piemonte (L.R. 32/1982), è composto di acido formico e di proteine e possiede delle proprietà emolitiche, citolitiche ed allergiche.
Sono state segnalate convulsioni e neuriti.

di vespe (Vespidae Latreille), api (Apis mellifera) o calabroni (Vespa crabo Linnaeus), più soggetti a provocare reazioni allergiche, anche gravi per i soggetti già sensibilizzati che rischiano lo shock anafilattico.
Gli imenotteri pungono, ogni anno, 5 milioni di italiani, di cui l’ 1% sviluppa una reazione allergica.
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La puntura è dolorosa a causa della melittina (SON D.J. et al.) e provoca arrossamento e pomfo di 3 cm che può persistere una settimana e aumentare di dimensione fino a coinvolgere un’intera estremità .
La presenza del pungiglione uncinato al centro della lesione è più facilmente di una puntura di ape;
le vespe e i calabroni arrivano a pungere più volte perché il loro pungiglione ha pochi uncini e quindi non rimane nella cute.
Il calabrone è più grosso della vespa (fino a 3.5 cm di lunghezza) e la sua puntura inietta una quantità superiore di veleno, quindi è molto più dolorosa e a rischio di reazione sistemica.
Oltre i 10 cm di edema, possiamo già parlare di reazione allergica che giustifica la chiamata al 118 .
Al manifestarsi di sintomi di anafilassi (vomito, rush cutaneo generalizzato, orticaria, gonfiore delle labbra, prurito generalizzato, dolori addominali, stordimento, sensazione di mal essere, dispnea) chiamare immediatamente il 118 e fare l’auto iniezione di adrenalina qualora ne siate in possesso.

di tafani femmina (Tabanus, Haematopota) che, per alimentarsi del sangue dei mammiferi, provocano delle lesioni pruriginose profonde, dolorose e molto infiammatorie (pomfo molto arrossato) ad alto rischio di reazione allergica generale e più difficili da cicatrizzare.

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Visto il morso largo (la cute è letteralmente lacerata dalle loro potenti mandibole) e la presenza di sostanze anticoagulanti nella saliva dei tafani, si osserva spesso una fuoriuscita di sangue quando il tafano si allontana.
Al minimo dubbio di reazione allergica è preferibile recarsi ad un pronto soccorso. Per fortuna, sembra che in Italia, il tafano non trasmetta parassitosi e malattie infettive gravi, come invece accade in altri continenti.

di pulci (trombicula autumnalis) che pungono preferibilmente sulle caviglie e dietro le ginocchia lasciando pomfi o papule rossi e pruriginosi o un grappolo di irritazioni, nel caso di punture molteplici anche dalla stessa pulce.
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Raramente possono indurre una formazione di bolle cutanee.
Sono più frequenti in chi cammina a gambe nude d’estate attraverso l’erba delle campagne o per chi vive in compagnia di animali domestici o nelle vicinanze di allevamenti.

di ragni, che in alcuni casi, possono essere pericolosi.
In Italia, il morso della vedova nera o Malmignatta (Lactrodectus tredecimguttatus) può anche essere mortale. Questo ragno, considerato uno dei ragni più velenosi esistenti, si riconosce per la sua livrea di colore nero lucido con una chiazza rossa a forma di clessidra sulla parte ventrale dell’addome tondeggiante e i punti rossi sul dorso nero.
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Gli esemplari giovani sono di colore grigio-nero, con strisce bianche o gialle e chiazze arancioni. Questa aracnide produce ragnatele di forma irregolare molto resistenti e vive nelle regioni mediterranee, tra boschi e campi di grano, e non si annida dentro le abitazioni. È aggressiva e morde quasi sempre quando è importunata, quindi, vedendola, evitare di avvicinarsi.
Il morso molto doloroso si caratterizza per i due buchi di entrata. I primi sintomi locali provocati dal veleno sono il gonfiore rosso, l’intorpidimento e la rigidità muscolare con crampi, dovuti alla latrotossina, potente veleno neurotossico, che serve ad immobilizzare la preda, cui seguono sintomi sistemici come la sudorazione, i brividi, la nausea, il vomito, l’ipertensione arteriosa, la cefalea, i dolori addominali, la miocardite, la dispnea, la paralisi con tetania poi in sintomi di stato di shock con perdita di coscienza convulsiva e coagulazione intravascolare disseminata da rabdomiolisi con insufficienza renale acuta.
Se si sopravvive, i sintomi gravi scompaiano dopo 3 giorni, mentre quelli lievi dopo settimane.
Quindi subito dopo un tale morso, applicare del ghiaccio e rivolgersi in tempi brevi al pronto soccorso più vicino per ricevere l’iniezione di antidoto.

Un altro ragno velenoso sevizia in Italia: il ragno violino o eremita (Loxosceles rufescens); ragno di colore marrone – giallo verde (come la sabbia) con un disegno nerastro sull’addome e solo 6 occhi al posto di 8 degli altri aracnidi, dalla forma di un violino, con lunghe zampe, vive principalmente nell’area mediterranea ma può essere presente dentro le abitazioni poichè preferisce ambienti riparati.
I suoi morsi indolore, solitamente notturni si sviluppano in qualche ora con un gonfiore, dolore, prurito, necrosi poi ulcerazioni.
Questa progressione della lesione gli da un aspetto caratteristico “a bersaglio”. Anche qui la diffusione del veleno provoca dolori muscolari e sintomi sistemici come nausea, vomito e febbre. In alcuni casi la risposta anti-infiammatoria può generalizzarsi e complicarsi con coagulazione intravascolare disseminata molto grave.

In Italia, abbiamo anche la famosa Tarantola (Lycosa tarentula) che si trova nelle zone centrali e meridionali.
Nel ‘400, nella provincia Pugliese di Taranto, il morso d’un ragno (chiamato come il nome della città: tarantola) era ritenuto responsabile di un sindrome psichiatrica isteriforme (malessere generalizzato, dolori addominali e muscolari, astenia, depressione, prostrazione, catatonia, deliri, trance) che hanno quindi chiamato “tarantismo”. All’epoca l’unica terapia esistente per questa patologia era una danza caratterizzata da movimenti frenetici scandita da una musica incalzante. Ad oggi questa terapia è divenuta un ballo popolare chiamato anche pizzica. Ma questa impressionante Lycosa tarentula, grossa e pelosa, nota anche come ragno lupo, quando ti morde, ti lascia dolore, gonfiore, arrossamento con lieve diminuzione della sensibilità nell’area morsa, eventualmente seguita da una necrosi sul punto del morso, e raramente di sintomi generici, ma non mette in stato di trance!

Quindi il colpevole era verosimilmente la vedova nera se si trattava di un morso di ragno o una sindrome fibromialgica di altra origine, in quanto, all’epoca, non si parlava ancora di neuroinfiammazione.

di scorpione italiano (Euscorpius italicus) che provoca, come nel caso della puntura di vespa: dolore intenso immediato, prurito e gonfiore esteso intorno alla puntura, aumento della temperatura cutanea, formicolio o intorpidimento nella zona colpita, con possibile irradiazione del dolore fino alla radice dell’arto colpito.

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L’episodio acuto dura 3-4 ore e i sintomi nervosi periferici spariscono in 3 giorni.
Le specie presenti in Italia sono relativamente innocue per l’uomo adulto; ma nel caso di sintomi sistemici da neurotossine dello scorpione o da reazione allergica all’istamina del veleno (sudorazione, ansia, agitazione, tachicardia, nausea, dispnea, scialorrea, spasmi e fascicolazioni muscolari) o di morso di un bimbo è più sicuro andare al Pronto Soccorso, con un’ambulanza, tenendo del ghiaccio sulla puntura, senza fare camminare la vittima, mettendo la ferita al livello del cuore o più in basso (per non accelerare la diffusione del veleno).
Lo scorpione italiano è la specie più grande del genere Euscorpius (3 / 5 cm), ha una coda corta e sottile con un pungiglione terminale, il dorso è di colore scuro, il ventre è beige e le zampe sono arancione scuro, ama i luoghi bui, umidi e caldi.
Le troviamo facilmente sotto le pietre o pezzi di rovina. Non esiste un antidoto contro il veleno dello scorpione italiano.

di cimici da letto o da materasso (Cimex lectularius Latreille), insetti ematofagi di forma ovale (piatta e brunastra a digiuno, gonfia e rossastra dopo aver succhiato sangue) attratti di notte dal calore del letto e dall’anidride carbonica esalata.

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Non trasmettono malattie, ma provocano, anche giorni dopo la puntura, generalmente non dolorosa: prurito sulle piccole macchie rosse a grappolo o in serie, con lievi pomfi, centrate da un punto più scuro, dove hanno succhiato il sangue e durano una settimana.
Le zone colpite sonno principalmente mani, braccia, collo e viso. Le reazioni allergiche sistemiche da morso di cimice sono rare, ma devono essere subito trattate al pronto soccorso.
Di giorno si nascondono, perché temono la luce, ma alcune cose posso segnalarci la loro presenza, come:la presenza di macchie fecali, piccole gocce a bordi netti sulle lenzuola o ancora, chiazze bianche che possono essere le uova o ancora pezzi di esuvia del loro rivestimento che cambiano cinque volte durante la loro vita.

di processionaria
È una falena notturna dell’ordine dei lepidotteri e della famiglia delle thaumetopoeidae.
Sulle 40 specie diverse di processionaria, le più diffuse in Italia sono quella del pino (Thaumetopoea pityocampa) e della quercia (Thaumetopoea processionea).

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Allo stadio larvale l’insetto danneggia le piante e causa danni alle persone e animali a sangue caldo, provocando reazioni cutanee ed allergiche. Facilmente riconoscibile perché si spostano in fila indiana lunghe vari metri (o in processione).
Queste larve di 3 a 4 centimetri sono ricoperte d’una peluria particolarmente urticante per proteggersi dagli predatori. Questi peli pericolosi si separano facilmente dal dorso della processionaria e quindi sono presenti sui pini e querce infettati, alle loro base e intorno.
Il vento le sposta su un raggio di 200 metri, il loro potere urticante permane per due anni e hanno una conformazione tale da facilitarne l’aderenza ad abiti, cute e mucose.
L’intensità dei sintomi varia in relazione: alla durata, alla quantità ed al tipo di contatto con i peli del bruco.

La sintomatologia si manifesta sul luogo di contatto:
Nella pelle, dove si infiggono le setole o i loro frammenti, insorge un eritema doloroso e pruriginoso che nell’arco di 24 ore si trasforma in papule con vescicole, bolle da orticaria o macchie rosse isolate che evocano il “fuoco di San Antonio” da Herpes Zoster dal quale dobbiamo fare la diagnosi differenziale.
Sugli occhi, creando una congiuntivite.
Nelle vie respiratorie, provocando starnuti, mal di gola, disfagia e difficoltà respiratoria dovuta a broncospasmo.
Nelle vie digestive se sono stati ingoiati (per esempio con un frutto contaminato e non lavato) dove provocano ipersalivazione, edema delle lingua, infiammazione delle mucose della bocca e dell’esofago, vomito e dolori addominali.
Se siete in compagnia di un cane o a cavallo, questi sono particolarmente esposti a questo rischio, perché l’uno annusa il terreno e l’altro bruca l’erba. Possono presentare delle manifestazione molto gravi come diarrea emorragica o ingrossamento della lingua , tanto da soffocare l’animale.
Nel caso di reazione allergica generale anafilattica (come già descritta sopra nelle punture di vespa), telefonare al 118.

Cosa fare e non fare :
non avvicinarsi alle zone infestate, riconoscibili dalla presenza sulle estremità meridionale dei fusti dei pini o delle querce di nidi visibili da lontano perché voluminosi e bianchi dal colore della seta che le larve hanno prodotto per costruire il nido per affrontare l’inverno.
Un altro segnale della loro presenza sono i fusti spogliati delle loro foglie mangiate dalle larve. Se la vostra escursione attraversa pinete o boschi, informatevi prima di partire presso la gente del posto,
nel caso di abitazioni in vicinanza di una pineta, state attenti prima di stendere la biancheria al sole.
Non toccare le larve, i nidi e la corteccia dei tronchi della zona infestata,
In caso di contatto accidentale (per esempio, all’occasione di un semplice riposo nell’erba d’una zona infestata), non grattarsi, lavare tutto il corpo e i capelli con acqua abbondante poi con sapone, e lavare i panni a temperatura superiore a 60 gradi, maneggiandoli con i guanti.
Lavare accuratamente con guanti la suola della scarpa che ha accidentalmente pestato una larva.
Lavare abbondantemente con dei guanti frutta ed ortaggi provenienti da campi vicini a zone infestate.
Sulla dermatite, prima di curare localmente come indicato più avanti nel capitolo trattamento, si consiglia l’uso “depilatorio” d’una striscia di scotch per asportare parte dei peli delle larve ancorati alla pelle. Non usare ammoniaca, bicarbonato o acido acetico.
Per la congiuntivite si applica un collirio antiinfiammatorio e antisettico, e si consulta un oftalmologo alla persistenza dei sintomi.
Nel caso di contatto con le mucose della bocca e delle vie respiratorie è più prudente di orientarsi verso un pronto soccorso.

 

CHE FARE IN CASO DI PUNTURA D’INSETTO ?

L’identificare l’insetto può essere utile, ma non è sempre possibile e comunque, in caso di sintomi gravi, non deve farci perdere tempo prezioso.
L’ideale sarebbe catturare l’insetto, portarlo al medico del Pronto Soccorso per farglielo identificare e farci dare la terapia giusta, come ad esempio l’antidoto anti vedova nera che ha azzerato la mortalità che toccava il 5 % dei casi prima della sua diffusione.

1. Valutare il rischio
a. Il primo rischio è quello dell’anafilassi in persone allergiche.
Generalmente la reazione anafilattica alle punture d’insetto emerge nell’arco di 5 a 30 minuti. In Italia, ogni anno muoiono tra 10 e 20 persone per shock anafilattico da punture di insetti.
Come descritto sopra, alcuni insetti come gli imenotteri (apidi: api, bombi; vespidi: vespe, calabroni, giacche gialle; formicidi: formiche rosse) sono più a rischio di shock anafilattico, in persone già sensibilizzate, chi di solito portano sempre con loro la siringa di adrenalina termoresistente e si fanno portare con ambulanza medicalizzata verso un Pronto Soccorso, subito dopo la puntura dell’insetto di cui sanno di essere allergici .
Nel caso in cui la persona allergica non sappia di essere allergica agli insetti, si deve comportare allo stesso modo nel caso in cui si manifestino sintomi locali (bruciore, gonfiore, dolore e prurito) e/o generali (orticaria e/o prurito generalizzati, gonfiore delle labbra, angioedema del viso e della gola con respirato corto e dolore alla deglutizione, tosse, senso di malessere intenso con vampate di calore, cefalea, rapido calo della pressione arteriosa (riduzione del 30% o più rispetto a quella abituale), tachicardia o bradicardia, angor in cardiopatico ischemico, ansia con senso di “morte imminente”, confusione, crampi addominali, nausea, vomito, diarrea, incontinenza urinaria, perdita di conoscenza, cianosi). L’attenzione ai i primi sintomi anche lievi non deve essere mai sottovalutata perché per la metà delle persone decedute per anafilassi, era il primo episodio.
Per chi sa di essere allergico alle punture di api, vespe calabroni e formiche rosse (confermata con esame del sangue RAST), conviene farsi fare per 3 anni la desensibilizzazione con dosi di veleno ridottissime che è efficace nel 90% dei casi (BOUSQUET J. et al., KRISHNA M.T. et al.).

b. La seconda urgenza da valutare è il rischio di avvelenamento.
Il veleno contiene delle sostanze allergizzante (proteine) come l’antigen 5 protein dei vespidi, responsabile del prurito, orticaria e reazione anafilattiche; ma anche delle sostanze tossiche che hanno un effetto vasodilatatore responsabile dell’edema e dell’arrossamento o ancora un effetto anticoagulante, come la saliva degli ematofagi.
I veleni possano provocare dolori, lesioni connettivali da enzimi (fosfolipasi, ialuronidasi), neurologiche, citolitiche e emolitiche.
Nei casi gravi, si incontra rabdomiolisi, miocardite e insufficienza renale.
I sintomi di avvelenamento sono specifici del veleno e quindi dell’insetto interessato. Le ho sommariamente descritti sopra nella descrizione di ogni insetto.
La moltiplicazioni delle punture aumenta la quantità di veleno e quindi la gravità dell’intossicazione.
Quando la tossicità del veleno provoca sintomi loco regionali preoccupanti o sistemici, è consigliato contattare al Centro Anti Veleni e/o di rivolgersi al Pronto Soccorso.

c. La terza urgenza da valutare è il rischio infettivo.
Insieme al veleno, l’insetto può trasmettere virus, batteri e parassiti.
Di solito i sintomi dell’infezione arrivano dopo un tempo d’incubazione che varia da qualche ora a qualche giorno, anche settimane per alcuni parassitosi. Purtroppo la ferita creata dall’istinto di grattarsi si infetterà e impiegherà più tempo per guarire.
Alcuni sintomi sono comuni a tanti tipi di infezione come dolore, gonfiore, arrossamento esteso, pus, linfonodi nel territorio loco regionale colpito, febbricola, astenia.
Altri sintomi sono specifici, come descritti sopra per ogni tipo d’insetto.
In caso d’infezione o di dubbio, rivolgersi ad un medico per una diagnosi ed una curata mirata. Nel caso d’infezione virale, trasmessa da puntura d’insetto, non donare il sangue ed utilizzare il profilattico durante i rapporti sessuali (orali, vaginali, anali), perché i virus (come per es. il virus Zeka) si trasmettono anche di questo modo, come anche dalla madre al bambino durante la gravidanza o al momento del parto.

2. Rimuovere l’insetto (zecca) o il pungiglione (ape) e disinfettare
Rimuovere tempestivamente il pungiglione nel caso di puntura da imenotteri, per impedire la diffusione del veleno.
Il raschiamento con un bordo sottile come la lama del coltello, la carta di credito o un’unghia può essere efficace.
Il pungiglione non deve mai essere rimosso tra due dita perché il suo schiacciamento inietta verso la vittima il veleno contenuto!
Nel caso della zecca, rimuoverla come descritto sopra, con un attrezzo speciale.
Detergere la zona con acqua e sapone, poi applicare acqua ossigenata seguita da un disinfettante e coprire la zona colpita con garze o tessuti puliti.
Non grattare per evitare l’amplificazione dei sintomi.
Non succhiare o aspirare la lesione.
L’effetto “venturi” potrebbe aumentare la diffusione capillare e comunque avvelenare la persona che aspira il veleno.
Al massimo, si può mettere un po’ della sua saliva con un dito, sperando che i suoi enzimi come l’amilasi, distruggono il veleno.
Nello stesso scopo di neutralizzare il veleno, si utilizza l’applicazione locale di sostanze basiche (ammoniaca, bicarbonato di sodio).

3. Applicare del ghiaccio

Il ghiaccio locale applicato sopra un panno è un ottimo antinfiammatorio che limiterà l’edema e il dolore.

4. Applicare rimedi naturali a scopo antalgico, antinfiammatorio ed antisettico. (nei casi non complicati)

a. AROMATERAPIA: (BEN DJEMAA F.G. et al., CAMPANINI E., COS S.D. et al., FAUCON M., FESTY D., LEE SY et al., MODARRESI M. et al., MULYANINGSIH S. et al., OLIVA A. et al., SALEM MZM et al., WINSKA K. Et al)

Queste oli essenziali non sono foto sensibilizzanti, ma comunque il morso d’insetto non deve essere esposto al sole.
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Applicare 2 gocce ogni 3 minuti su la puntura fino al suo miglioramento, poi 3 volte al dì fino a guarigione della preparazione :
Olio essenziale Lavanda Aspic 3 gocce
Olio essenziale Menta piperita 1 goccia
Olio essenziale Eucalipto citriodora 2 gocce
Olio essenziale Geranio Rosat 2 gocce
Olio essenziale Tea tree oil 2 gocce
Per precauzione, in caso di gravidanza e sui bimbi al di sotto dei 6 anni, la formulazione è:
Olio essenziale Lavanda Aspic 3 gocce
Olio essenziale Eucalipto citriodora 2 gocce
Olio essenziale Geranio Rosat 2 gocce
Olio essenziale Tea tree oil 2 gocce

In assenza della preparazione, applicare Olio essenziale Lavanda Aspic.

Si può trovare in Farmacia o Parafarmacia, roller dermico lenitivo per punture d’insetti, contentando oli essenziali di Citronella di Java, Citronella di Ceylon, Chiodi di Garafano, Eucalyptus citriodora, Geranio, Lavanda officinalis, Lavandino, Menta piperita, Niaouli, Tea tree. (non da usare in gravidanza e sui bambini al di sotto dei 6 anni).

b. FITOTERAPIA:

Applicare pomata composta di Hypericum perforatum Tintura Madre 5 g e Calendula officinalis Tintura Madre 5 g Eccipiente q.b.100 g tre volte al dì (senza esporsi al sole).
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La Calendula officinalis e l’Iperico (Erba di San Giovanni) hanno un’azione antibatterica, antinfiammatoria e cicatrizzante. In più l’Iperico, considerato l”Arnica dei nervi”, presenta un’azione sedativa sui dolori dovuti alle nevriti sempre presenti nei morsi e punture d’insetti. (CAMPANINI E., LANS C. et al., POMMIER L.)

Con la stessa azione esiste l’oleolito di Iperico e di Calendula che si applica con una garza intrisa.

In assenza coprire la puntura con una triturazione completa o incompleta di Cipolla, Porro, Aglio, Ortica, Basilico, Calendula, foglio di Pomodoro, Lavanda, Parietaria, Piantaggine, Limone, Miele.

O ancora applicare subito una fettina di papaya. I suoi enzimi proteolitici neutralizzarono le proteine dei veleni.

O ancora se avete l’Aloe vera di più di due anni nel giardino, tagliate una punta di una foglia e spalmate il succo secreto sulla puntura.
Ricco di antrachinoni, avrà un’azione antisettica e decongestionante, facilitandone la cicatrizzazione.

c. GEMMOTERAPIA: (nei casi non complicati)
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25 gocce in acqua da bere prima dei 3 pasti di ogni dei questi due gemme derivati: Ribes nigrum (ribes nero) Macerato Glicerico 1 DH e Alnus glutinosa (Ontano nero) Macerato Glicerico 1 DH, per avere un’azione antinfiammatoria sistemica. (ALTINYAY C. et al., BUNIATIAN N.D. et al., CAMPANINI E., DESJARDINS J., MENGHINI L. et al.)

d. OMEOPATIA (nei casi non complicati):
Di fronte al successo, in tutto il mondo, dell’uso terapeutico dell’omeopatia nelle punture d’insetti e allo scetticismo ancora troppo presente verso questa branca della medicina, svilupperò un po’ di più questo capitolo, che secondo la mia esperienza professionale di 30 anni nell’omeopatia merita di essere preso in considerazione.

L’omeopatia consiste nell’utilizzare il principio terapeutico di similitudine enunciato da Ippocrate (Coulter H. I., Del Giudice N. et Del Giudice E., Gibson S. et Gibson R., Hahnemann C.F.S., Reckeweg H.H., Ulman D., Vithoulkas G.).

Ippocrate diceva:
“la stranguria che non è, guarisce la stranguria che è” facendo riferimento al suo uso terapeutico a piccolo dosaggio della cantaride Lytta vesicatoria Fabre (Meloidi) per guarire le cistite con spasmo urinario. L’effetto tossico della tintura madre di questo coleottero era conosciuto nel caso di abuso come rimedio afrodiasico.
L’avvelenamento si manifesta con vomito, contrazioni tonico-cloniche, disuria, bruciore urinario, priapismo, lesioni renali. La sostanza responsabile è la cantaridine.
Dopo questa scoperta, Ippocrate ha applicato questo principio, curando con delle sostanze tossiche a basso dosaggio nel caso di sintomi identici a quelli provocati dal veleno.
Nel “locus in homine” Ippocrate diceva “Per similia adhibita ex morbo sanatur”.
Dal 1790, l’applicazione di questa legge terapeutica di similitudine è stata applicata e studiata su numerosi sostanze dal medico tedesco, chimico, tossicologo, Christian Samuel HAHNEMANN, considerato “il padre dell’omeopatia”. I
I risultati delle sue sperimentazioni tossicologiche sono stato chiamate “patogenesie”.
L’insieme delle patogenesie si chiama “Materia Medica”.

I primi ad aver usato il principio di similitudine terapeutico del veleno d’api furono Esiodo (800 a.C.), Aristofane (444-385 a.C.), Ippocrate (460-377 a.C.) lo chiamava Arcanum, Galeno (129-200 a.C.), Varrone (116-27 a.C.) e Columella (1sec.). A Carlo Magno venne curata una ostinata gotta, con delle punture d’api.
È stato constatato che l’applicazione di apitossine o addirittura la puntura terapeutica della zona infiammata e gonfia d’una articolazione (come nell’artrite reumatoide) produce una riduzione dell’edema e del dolore.
Il Corano (XVI:71) cita : “Dal ventre delle api è prodotta una sostanza che è una medicina per gli uomini”

Quindi per similitudine tra i sintomi di una puntura di ape e quelli delle altre punture d’insetto, è indicato l’uso terapeutica omeopatico di Apis o di Apisinum per curare le punture d’insetto.

apis-mellifica-dr-michel-mallard-omeopataLa prima sperimentazione di uso omeopatico di Apis mellifica è sta fatta dal medico Constantin Hering, nel 1865 (Amerikanische Arznei prufungen) sulla base dell’osservazione di Marcy (1847), medico di New York, di seguito al miglioramento dell’edema da insufficienza renale d’un suo paziente che si era rivolto ad una vecchia indiana della tribù dei Narroganssetts.
La terapia indiana era una polvere di api calcinati al forno! (CHARETTE G.)
La patogenesia di Apis Melleifica viene riportata in tutte le Materie Omeopatiche (ALLEN T.F., BOERICKE W., CHARETTE G., CLARKE J.H., DUPRAT H., GUERMONPREZ M. et al., HAHNEMANN S., HORVILLEUR A., KENT J.T., LATHOUD J.A., VOISIN H.)

Da più d’un secolo, Apis mellifica è classicamente consigliata in caso di edema infiammatorio (DESWARTE D., JOUANNY J., KOLLITSCH P., NASH E.B., PERNOT R., PIGEOT C.-A., POMMIER L., VALLETTE A.E.M., VOISIN H.)
Nel caso di assoluta certezza allergologica dell’assenza di allergia alle punture di imenotteri, si utilizza delle diluzioni dinamizzate con presenza ponderale in piccola quantità d’una tintura madre di una ape intera: APIS MELLIFICA 5 CH o 7 CH o 9 CH (HORVILLEUR A., JOUANNY J., PIGEOT C.-A.,) (o veleno dell’ape come APIUM VIRUS 5 o 7 o 9 CH) da succhiare 3 granuli ogni 5 minuti e diradare in base al miglioramento.
Esistono anche alcune preparazioni omotossicologiche (BIANCHI I., JULIAN O.A.) dove nella stessa formulazione sono presenti in accordo di potenza: Apis mellifica 2 DH, 10 DH, 30 DH, 200 DH, 1000 DH e Apisinum 6 DH, 30 DH (10 gocce sublinguali ogni 2 ore il primo giorno poi 3 volte al dì fino all’assenza di edema).

In presenza di allergia o per prudenza in assenza di informazione contraria, si utilizza un’alta diluzione dove rimane solo il principio energetico del veleno (terapeutico ma non allergizzante):
Diluzione omeopatica d’una tintura madre di una ape intera: APIS MELLIFICA 15 CH (POITEVIN B.) succhiare 3 granuli ogni 5 minuti e diradare in base al miglioramento,
o più specifico la diluzione omeopatica del veleno dell’ape : APIUM VIRUS 15 CH (anche chiamato Apisinum o Bee’s Poison o Bienengift).

Diversi studi scientifici hanno dimostrato l’effetto antinfiammatorio e antiedematoso dell’ape e del veleno d’api diluiti e dinamizzati come utilizzati in omeopatia ed in omotossicologia:
• In vitro con test di de granulazione (POITEVIN B. et al.) o con l’analisi dell’espressione genica (BIGAGLI E. et al.)
• Sull’animale (BETTIO D., BILDET J. et al., CONFORTI A. et al.)
• Sull’uomo (BERREBI A. et al., FRIESE K.H. et al., MICHAUD J., NOLLEVEAUX M.A. et al.)

Nella mia esperienza, l’uso terapeutica omeopatico e omeotossicologico di Apis Mellifica e Apisinum, nelle punture d’insetto e nelle sindromi simili con infiammazione e edema mi hanno sempre dimostrato la loro efficacia.
Sono spesso rimasto colpito per la rapidità della guarigione in particolare difronte all’uso del cortisone che in questo campo mi ha dato meno soddisfazione.

Per evitare di essere punti dalle zanzare e pappataci, vi invito a consultare l’articolo corrispondente nelle news del mio sito “COME EVITARE LE PUNTURE DI ZANZARE E PAPPATACI”.

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Dr Michel MALLARD

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L’OZONOTERAPIA NELLA CURA DELLA FIBROMIALGIA – Revisione Sistematica

23 Maggio 2019 Blog, Patologie
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Dott. Michel MALLARD medico chirurgo specializzato in Agopuntura e in Psicoterapia può aiutarti a risolvere il problema del tabagismo.
Ambulatorio in Corso Cavour, 123 – FERMO (FM) tel: 340 5023405

“Il piacere di non fumare è superiore al piacere di fumare”
Bernard Clavel

 

DEFINIZIONE DI TABAGISMO

Il tabagismo è l’atto di inalare i fumi che derivano dalla combustione delle foglie di tabacco, per una forma di dipendenza e di piacere. Questa inalazione dei fumi avviene anche senza fumare la sigarette, basta essere vicino ai fumatori. Nel 1992 questo fumo passivo è stato considerato carcinogeno umano di classe A dall’Agenzia Statunitense per la Protezione Ambientale; quindi senza livello minimo sicuro di esposizione.

CONSEGUENZE DEL TABAGISMO

Secondo l’OMS il fumo di tabacco rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile. Un individuo che fuma per tutta la vita ha il 50% di probabilità di morire per una patologia direttamente correlata al fumo e la sua vita potrebbe non superare un’età compresa tra i 45 e i 54 anni.

 

L’intossicazione tabagica provoca:

• assuefazione al consumo di nicotina con fenomeni di craving e sintomi di astinenza (ansia, rabbia, depressione, difficoltà di concentrazione, impazienza, insonnia);

• danni vascolari, tachicardia, vasocostrizione e aterosclerosi all’origine dell’ipertensione arteriosa, dell’infarto del miocardio, dell’arterite obliterante degli arti inferiori, incidenti vascolari cerebrali (emiplegia, afasia), aneurisma dell’aorta;

• ipossia, dovuta al monossido di carbonio, che desossigena il sangue legandosi con l’emoglobina più facilmente dell’ossigeno, provocando dispnea allo sforzo. Il fumo di 1 pacchetto di sigarette al dì toglie il 10% di ossigeno;

• accelerazione del metabolismo degli estrogeni, quindi il rischio di tromboflebite, aumentato nella donna fumatrice che prende la pillola anti-concezionale;

• danni polmonari, all’origine delle infezioni delle vie respiratorie, della bronchite cronica ostruttiva, dell’enfisema, dell’insufficienza respiratoria (tosse e catarro sono i primi sintomi che incontra il fumatore) e dell’induzione asmatica. L’alterazione della mucosa alveolare diminuisce il passaggio dell’ossigeno tagliando almeno un altro 10% d’ossigenazione;

• danni ORL, perdita dell’olfatto e del gusto, gengivite, ipoacusia;

• danni estetici cutanei, invecchiamento precoce, sviluppo della psoriasi, caduta dei capelli (Jeremy Laurance, The bald facts: Smokers risk hair loss – as well as fatal illnesses, in The Independent, 26 novembre 2007);

• danni oftalmologici, cataratte;

• tumori maligni, del cavo orale, della laringe, dei bronchi, dello stomaco, del seno, del pancreas, dei reni e della vescica. Il fumo è responsabile del 30% di mortalità per cancro. (Stephen S. Hecht, Cigarette smoking: cancer risks, carcinogens, and mechanisms, 10 ottobre 2006);

• danni gastroenterologici, ulcera gastro-duodenale, polipi del colon e del retto;

• perdita di midollo osseo e di cartilagine delle articolazioni, in particolare del ginocchio (Flavia Cicuttini coll, Monash University e del Dipartimento di epidemiologia e medicina preventiva presso l’Alfred Hospital di Melbourne, Australia, effetto delle sigarette su 270 individui di mezza età scelti a caso tra i partecipanti a un grande studio di popolazione, il Melbourne Collaborative Cohort Study, Rheumatology, 2009);

• menopausa precoce;

• disfunzioni erettili e impotenza sessuale, (V. Mirone e altri, Cigarette Smoking as Risk Factor for Erectile Dysfunction: Results from An Italian Epidemiological Study, in European urology, vol. 41, nº 3, 18 aprile 2002, pp. 294-297);

• diminuzione della fertilità (L.S. Mamsen e altri, Cigarette smoking during early pregnancy reduces the number of embryonic germ and somatic cells, in Human Reproduction, vol. 25, nº 11, novembre 2010, pp. 2755-61). Il tabagismo provoca un’alterazione qualitativa e quantitativa della spermatogenesi e abbassa il livello di testosterone;

• 11% degli aborti spontanei (A. Leonardi e Giulia Scavarelli (a cura di), Salute della donna e del concepito: prevenzione dei rischi ambientali e occupazionali , Istituto Superiore di Sanità, 2004;

• ipotrofia fetale se la madre fuma durante la gravidanza (Klein 1993);

• aumento dell’incidenza delle gravidanze extra-uterine e dell’eclampsia;

• raddoppiamento del rischio di morte improvvisa del neonato (Schoendorf);

• vomito e diarrea dal neonato se la madre che allatta fuma più di 20 sigarette al dì;

L’organismo impiega 3 settimane per eliminare completamente la nicotina (Hughes JR, Effects of abstinence from tobacco: valid symptoms and time course , in Nicotine Tob Res, vol. 9, nº 3, 2007, pp. 315–27), ma ci sono altre 4000 molecole nel fumo della sigaretta che necessitano di 15 anni per essere eliminate!

 

TERAPIE PER SMETTERE DI FUMARE

 

“L’alpinista è un uomo che conduce il suo corpo là dove un giorno i suoi occhi hanno guardato.”
Gaston Rebuffat

 

La terapia è l’abbandono del consumo di tabacco e la disintossicazione dai residui tossici rimasti nell’organismo.
Preferisco praticare l’abbandono definitivo piuttosto che lo svezzamento progressivo, che riservo ai pazienti coronaropatici, o ancora le pratiche sostitutive (sigaretta elettronica, patch e gomme alla nicotina), o farmacologiche (vareniclina), che prescrivo ai pazienti forti consumatori non abbastanza motivati, ma costretti a smettere di fumare per gravi motivi di salute.

E’ stato dimostrato (con analisi) che i fumatori che cambiano marca di sigaretta per fumare quelle più leggere, consumano più sigarette o le inalano più profondamente per mantenere lo stesso livello di nicotina nel sangue.

Personalmente, dopo una valutazione del grado e del tipo di tabagismo con un test di Fagerström, utilizzo un approccio multidisciplinare, combinando queste terapie:

Analisi psicologica delle motivazioni per smettere di fumare, per valutare se c’è un reale desiderio di abbandonare la sigaretta o meno.

Colloquio psicologico, se necessario, per appropriare consapevolmente la motivazione più pertinente.

Seduta di auto-ipnosi, collegata alla motivazione, con tecnica di ancoraggio di Bandler e Grinder.

Rieducazione respiratoria, centrata sulla “liberazione” nella respirazione diaframmatica, a scopo rilassante, per una migliore gestione dello stato ansioso, spesso all’origine del tabagismo. Respirare profondamente più volte fa sparire la voglia di fumare.

Agopuntura, secondo la Medicina Tradizionale Cinese (G. Lagrue, Sur l’efficacité de l’acupuncture pour la désintossication tabagique, Le Concours Médical, 1984, 106-42, 4167).

Auricoloterapia, secondo il protocollo ACUDETOX messo a punto dalla National Acupuncture Detoxification Association del Lincoln Hospital di New York e fondata nel 1985 da M. Smith (Direttore del reparto di tossicodipendenza).

Fitoterapia in macerati idroalcolici:
◦ ad azione sedativa e rilassante: Nepeta cataria e Primula veris,
◦ ad azione antispasmodica bronchiale: Verbena officinalis, Nepeta cataria e Primula veris,
◦ ad azione antisettica: Nepeta cataria (carvacrolo, nepetolo, timolo, nepetolattone, citronellolo, geraniolo), Vaccinum myrtillus (arbutina), Verbena officinalis,
◦ ad azione antinfiammatoria, espettorante e mucolitica: Primula veris, Vaccinum myrtillus, Nepeta cataria, Verbena officinalis (glucosidi salicili, saponine, mucillagini e tannini).

Fitoterapia in tisana per infuso:
Il consumo di una tisana aiuta ad evitare il caffè, che ha il difetto di provocare il desiderio di fumare una sigaretta.
◦ Origanum majorana L., maggiorana (sommità fiorite e foglie) per le sue proprietà antispastiche e bechiche. Da consumare preferibilmente la sera.
◦ Tilia tomentosa, tiglio (sommità fiorite e foglie) per le sue proprietà rilassanti e sedative, ma anche mucolitiche e antinfiammatorie. Da consumare la sera e prima di coricarsi.
◦ Valeriana officinalis, valeriana (radice) per le sua azione antispasmodica, sedativa e ipnoinducente. Da consumare prima di coricarsi.
◦ Veronica officinalis, (sommità fiorite e foglie) per le sue proprietà espettoranti, antinfiammatorie e antibatteriche. Da consumare preferibilmente la mattina.
◦ Verbena officinalis, (sommità fiorite e foglie) per le sue proprietà rilassanti e ansiolitiche, grazie alla verbenalina. Da consumare preferibilmente la mattina.

Floriterapia secondo Edward Bach:
◦ Agrimony, per contrastare la dipendenza,
◦ Walnut, nelle “crisi” di astinenza,
◦ Gentian, per contrastare la frustrazione e la convinzione di non riuscire,
◦ Cherry Plum, in caso di comportamento compulsivo.

Omeopatia secondo Samuel Hahneman:
◦ Rimedi sintomatici : Nux Vomica, Gelsemium sempervirens, Tabacum,
◦ Rimedio di “fondo” particolare ad ogni paziente.

Omeopatia in diluizioni decimali, in accordo di potenza e gemmo terapia con la Metodica Roy Martina:
◦ Per interrompere la dipendenza da fumo : Plantago major, Chamomilla, Scrophularia nodosa, Juniperus gemmae, Chelidonium, Tabacum, Nicotinum, Caladium seguinum, Nux vomica, Natrium chloratum.
◦ Come sedativo nelle crisi da disassuefazione da tabacco : Stevia, Passiflora, Hypericum, Escholtzia cali fornica, Avena sativa, Eleuterococcus, Humulus lupulus, Valeriana, Ribes nigrum gemmae, Pulsatilla, Kalium phosphoricum, Ginseng, Chamomilla.

Consigli dietetici:
◦ Diminuzione della quantità delle calorie giornaliere, per non ingrassare, sapendo che la nicotina accelera il metabolismo basale del 20%. Si ottiene diminuendo la quantità di carboidrati (pane, pasta, dolci, patate) e aumentando tutti i tipi di verdure.
◦ Aumento della diversità alimentare e ripartizione equilibrata delle categorie alimentari, che il fumatore perde a causa dell’alterazione del gusto e dell’olfatto. Per questo motivo, i fumatori hanno un tasso di LDL-colesterolo e di trigliceridi aumentato ed una carenza in antiossidanti (beta-carotene, vitamina C) e in HDL-colesterolo. Queste anomalie associate all’effetto vasocostrittore della nicotina sono all’origine degli incidenti cardio-vascolari dei fumatori,
◦ Aumento del consumo delle fibre alimentari,
◦ Ottimizzare il menu verso un indice glicemico basso per evitare ipoglicemie, che porterebbero ad un consumo di caramelle per soddisfare il bisogno di qualcosa in bocca,
◦ Bere 2 litri d’acqua al dì,
◦ Alcalinizzare l’acqua con il limone,
◦ Controllare la quantità di bevande alcoliche,
◦ Limitare il consumo di caffè, che aumenta l’irritabilità durante il trattamento del tabagismo, e che spesso è associato al comportamento di fumare una sigaretta,
◦ Masticare più lentamente,
◦ Non saltare i pasti,
◦ Non praticare il “rosicchiare” tra i pasti per compensare l’assenza della sigaretta in bocca; al limite, preferire un bastone vegetale da mordere e succhiare (liquirizia o radice di malva in caso di ipertensione),
◦ Fare merenda con un frutto (vitamina C),
◦ Mangiare mandorle tutti i giorni per compensare la carenza di magnesio, frequente nel fumatore.

RISULTATI

La mia esperienza iniziata 30 anni fa mi ha permesso di constatare:

• che la profonda motivazione psicologica ben integrata a smettere di fumare è quasi una garanzia di successo.

• che l’agopuntura e l’auricoloterapia provocano delle reazioni di allontanamento del fumo spontaneamente, attraverso un disgusto verso l’odore del tabacco e del fumo di sigaretta, come se la capacità di auto-protezione dell’organismo si risvegli naturalmente.

• che l’omeopatia e la fitoterapia hanno un azione calmante nei sintomi di astinenza e disintossicante dalle molecole tossiche accumulate durante gli anni di tabagismo.

• che la rieducazione respiratoria consapevole, gli esercizi di rilassamento e i fiori di Bach aiutano il paziente durante il percorso di gestione dello stress nella sua nuova vita senza fumo.

I miei risultati sono sovrapponibili a quelli dello studio fatto nell’ambulatorio Acudetox dell’ASL 10 di Pinerolo (TO) nel periodo 2001-2003 su 207 soggetti. (Remo Angelino, Danilo Mantellina, Antonio Potosnjak, Marcella Masiero –

L’agopuntura auricolare per smettere di fumare: analisi di tre anni di attività.

Bollettino per le Farmacodipendenze e l’alcolismo, XXVII-N.3-4/2004). A 1 mese: il 58% dei soggetti trattati sono rimasti astinenti; a 3 mesi: il 37,8%, a 6 mesi: il 31,6%, a 1 anno: il 27,6%.
Questi risultati evidenziano delle ricadute nel tempo.

E’ uno dei motivi per cui la mia terapia contro il tabagismo, oltre all’auricoloterapia, aggiunge sostegno psicologico, esercizi di respirazione e di rilassamento, alimentazione anti-ossidante per la disintossicazione.
Per evitare ricadute, consiglio nei primi due anni una visita di controllo ogni 3 mesi, per consolidare la scelta fatta attraverso una valutazione psicologica e una revisione dell’ancoraggio auto-ipnotico.

Dr Michel Mallard

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