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UN PO’ DI CHIAREZZA SULLE MASCHERINE CONTRO IL COVID-19

4 Maggio 2020 Blog, News

01/05/2020
Dr Michel MALLARD medico chirurgo
Tel:  +39  3405023405
mail:  m.mallard@virgilio.it

 

La diffusione del virus Cov-2 (responsabile della malattia COVID-19) si fa principalmente attraverso le goccioline di saliva e secrezione proveniente delle vie respiratorie (droplets) attraverso la tosse e gli sternuti, che vengono inspirati dalle vittime o indirettamente se queste si toccano occhi, naso o bocca dopo aver appoggiato le mani su un oggetto recentemente contaminato come per es., le maniglie di una porta [1]. E evidente che una barriera meccanica (guanti e maschere) o mantenere le distanze evitino la trasmissione del virus.

Nel caso di luogo confinato, saturato di umidità o ancora in terapia intensiva esiste anche il rischio di contaminazione attraverso l’aerosol ambiente.
Per questo motivo, è consigliato aprire spesso la finestra, per rinnovare l’aria della camera di un paziente Covid-19 isolato a casa sua.

LA MASCHERINA E NECESSARIA PER BLOCCARE LA PANDEMIA

Lo scopo dell’uso della mascherina è di limitare la trasmissione del virus, quindi di bloccare la pandemia [2], insieme alle altre misure (distanza di 1 a 2 metri tra le persone, uso di guanti, evitare di uscire se non necessario, evitare luoghi affollati, igiene delle mani con soluzioni idroalcoliche, non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani non disinfettate, tossire o starnutire nel gomito o fazzoletto ad uso unico, pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol, ecc…).

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile 2020 (Art. 3 comma 2 e 3) [3 ] cita : “Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza” …”Ai fini di cui al comma 2, possono essere utilizzate mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche autoprodotte, in materiale multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso”. Nell’allegato 5, comma 5 : Misure per gli esercizi commerciali : “Utilizzo di mascherine nei luoghi o ambienti chiusi e comunque in tutte le possibili fasi lavorative laddove non sia possibile garantire il distanziamento interpersonale”. Nell’allegato comma 6 D.P.I. “ le mascherine dovranno essere utilizzate in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”…”E’ previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n.9 (art. 34) : [ In relazione  all’emergenza  di  cui  al  presente  decreto,  in coerenza  con  le  linee  guida  dell’Organizzazione  Mondiale  della Sanità e in  conformità  alle  attuali  evidenze  scientifiche,  è consentito  fare   ricorso   alle   mascherine   chirurgiche,   quale dispositivo  idoneo  a  proteggere  gli  operatori   sanitari;   sono utilizzabili anche mascherine prive del marchio CE previa valutazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità.]  in combinato con il DL n.18 (art 16 c.1)” : [Per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso e’ disciplinato dall’articolo 34, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.]

Nella sua dichiarazione del 27/2/2020 : “Rational use of personal protective equipment for coronavirus disease 2019 (COVID-19)[4], l’OMS descrive le situazioni dove si consiglia di portare la mascherina chirurgica.

La domanda è: che mascherina chirurgica portare?

Non sono tutte uguali.
Si differenziano secondo lo spessore della trama del tessuto e soprattutto se la filtrazione dell’aria si fa sia durante l’inspirazione e l’espirazione, o solo durante l’inspirazione.
Le prime sono chiamate “altruiste”, le seconde “egoiste”.
La maschera “altruista” non comunica alle altre persone il virus che il portatore potrebbe avere, anche senza saperlo.
La maschera “egoista” evita al portatore di inspirare il virus di altre persone, ma invece comunica alle altre persone il virus se ne è portatore, anche senza saperlo, come è il caso nel periodo transitorio tra incubazione e inizio della malattia o ancora in caso di paziente COVID-19 asintomatico.

È evidente che la mascherina “egoista” non deve essere portata, se vogliamo stoppare la pandemia da Covid-19.
Come si riconosce se una mascherina è “egoista” o “altruista” ?
È semplice: la maschera egoista ha una valvola completamente e liberamente aperta verso l’esterno durante l’espirazione dell’aria del portatore che gli permette di contaminare le altre persone se è portatore del virus senza saperlo.

OK, non dobbiamo portare maschere con valvola. Ma contro il Cov-2, che maschera medico-chirurgica dobbiamo portare?

Le maschere medico-chirurgiche hanno ufficialmente nomi e requisiti di costruzione diversi secondo la Norma che le definisce, in funzione degli obbiettivi di destinazione diversi.
La norma italiana è definita dall’Ente nazionale italiana di unificazione (UNI) a partire dagli standard europei di riferimento (EN).

Ci sono due categorie diverse di maschere medico-chirurgiche, inquadrate con normative diverse [5, 6] :

  • le mascherine chirurgiche (UNI EN 14683:2019 + AC:2019). Secondo la norma, sono “destinate a limitare la trasmissione di agenti infettivi da parte del personale ai pazienti durante le procedure chirurgiche e altre attività mediche con requisiti simili […]
    Possono anche essere destinate ad essere indossate dai pazienti a da altre persone per ridurre il rischio di diffusione delle infezioni, in particolare in situazioni epidemiche o pandemiche. […]
    Una maschera facciale ad uso medico con una barriera microbica appropriata può anche essere efficace nel ridurre l’emissione di agenti infettivi da naso e dalla bocca di un portatore asintomatico o di un paziente con sintomi clinici.”
  • le mascherine di protezione delle vie respiratorie (anche chiamiate respiratori antipolvere senza manutenzione o dispositivi di protezione individuale “DPI” delle vie respiratorie)(UNI EN 149:2009 integrando EN 149:2001 + A1:2009).
    Le mascherine di protezione delle vie respiratorie sono divise in 3 classi di protezione in base all’efficienza filtrante : la prima si chiama FFP1 (capacità filtrante del 80% delle particelle > 0,6μm, e perdita verso l’interno minore del 22% ) , poi il grado più filtrante è la FFP2 (capacità filtrante del 94% delle particelle > 0,6μm, e perdita verso l’interno minore del 8%) e ancora più filtrante la FFP3 (capacità filtrante del 99% delle particelle > 0,6μm, e perdita verso l’interno minore del 2% ) [7]. (FFP abbreviazioni di “Filtering Face Piece” Facciale Filtrante delle Particelle). Secondo i numeri di strati sono anche classificati in tipo II (tre strati) e IIR (quattro strati), la IIR è resistente anche agli spruzzi (da preferire nel contesto dell’emergenza Covid [8]).

Secondo l’importanza del rischio [9] e lo scopo (anti pandemico o protezione individuale), useremo delle mascherine diverse:

caso 1: tutti gli individui vogliono evitare la trasmissione del virus agli altri perché possono essere portatori senza saperlo (caso della nostra pandemia Covid-19).
Quando escono di casa per andare nei luoghi chiusi accessibili al pubblico o nei trasporti collettivi, basta che portano tutti una mascherina chirurgica, (perché non lascia passare le goccioline cariche di virus (droplets) durante l’espirazione) e nessuno sarà contaminato [4]. Ognuno di noi si assume la responsabilità collettiva di eliminare questa pandemia : “la mia maschera ti protegge, la tua mi protegge”.
Quindi, con la mascherina chirurgica non si deve avvicinare di una persona che non porta una maschera o che porta una maschera con valvola, perché la maschera chirurgica evita di contaminare ma non di essere contaminato.
Nel 2020, Leung N.H.L. et al. hanno confermato su un gruppo di 11 pazienti sintomatici a coronavirus con maschere contro un gruppo controllo di 10 pazienti sintomatici a coronavirus senza maschere che il coronavirus è bloccato al 100% dalle maschere chirurgiche (assenza di coronavirus nelle goccioline (droplets) e nell’aerosol dintorno ai pazienti portatori di mascherine chirurgiche) [10]. Le maschere artigianali o autoprodotte di stoffa fatte d’un doppio strato di cotone riducono l’emissione di droplets di oltre l’80% [11].

caso 2 : Una persona sintomatica quindi che presenta uno o più di questi sintomi: febbre, tosse, raffreddore, starnuti, sintomi para influenzali come per es. i dolori muscoli articolari generalizzati o cefalea, deve stare a casa, avvertire il suo medico o la guardia medica, portare una mascherina chirurgica in presenza di famigliari o altri, e rimanere in isolamento per non rischiare di contaminare , prima del risultato del tampone naso-faringeo per ricerca del Cov-2.
In caso di positività, isolamento e porto di mascherina chirurgica in presenza di terzi rimangono di regola fino alla guarigione.

caso 3 : la persona che si avvicina ad una altra persona che non porta la mascherina o che porta una mascherina a valvola, in ambiente aperto , si deve proteggere con occhiali e mascherina senza valvola tipo FFP2 o FFP3. E’ per esempio il caso di soccorritori che intervengono su un incidente stradale o di poliziotti che devono intercettare una persona o ancora di un farmacista o di un commerciante che si ritrova di fronte ad un cliente indisciplinato senza maschera o portatore di una maschera con valvola.

caso 4 : In ambiente ospedaliero chiuso (con formazione di aerosol) , a maggior ragione in rianimazione ospedaliera o durante la chirurgia, davanti ad un paziente COVID-19 che non può portare una maschera, il personale ospedaliero si protegge con maschera FFP3 con o senza valvola e occhiali o visiera (o Dispositivo di Protezione Individuale delle vie respiratorie più sofisticato che copre tutta la testa per esempio) , più cuffie, guanti, stivali e camice ad uso unico. Dovrebbe anche usare la maschera FFP3 senza valvola, più guanti, visiera o occhiali e cuffie, un medico tipo ORL, Odontoiatra, Oculista, Medico di Medicina Generale o di Guardia medica o di Pronto Soccorso o Pediatra quando deve togliere la maschera del paziente per effettuare l’esame o il trattamento, ma anche il personale sanitario delle ambulanze COVID-19. La stessa maschera FFP3 dovrebbe anche essere usata dal famigliare d’un paziente COVID-19 a domicilio [12], insieme ai guanti e cuffia ad uso unico con occhiali o visiera di protezione, quando questo paziente sintomatico positivo Cov-2 non è in grado di mantenere la maschera durante l’assistenza (per es. bimbi o invalidi neuro-psichiatrici). Ad oggi sono stati uccidi dal Covid-19, in Italia 153 medici e l’Ordine dei Medici e Odontoiatri stima al 10 % il personale sanitario contagiato [13]. Questa strage non sarebbe successa se il personale sanitario si proteggeva efficacemente, come l’ha dimostrato un grande ospedale di Napoli che non ha nessun caso di contagio Cov-2 nel suo personale. Si trova on line [14] il Rapporto del gruppo di lavoro sulla prevenzione e il controllo delle infezioni dell’Istituto Superiore delle Sanità, aggiornato al 28 marzo 2020 sull’utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-COV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-COV-2, che da tutti i consigli di prevenzione, precisi per ogni tipo di situazione di assistenza nel contesto COVID-19.

Come usare la maschera ? [5,8 ]

Le mascherine vanno indossate, rimosse e smaltite correttamente, seguendo adeguate procedure. Si deve consultare le raccomandazioni del fabbricante, se sono disponibili. Alcune mascherine sono riutilizzabile e hanno un siglo R, le altre hanno il siglo NR. Le mascherine facciali monouso lisce, piegate o in firma di coppetta vengono posizionate su naso e bocca e fissate dietro la parte superiore della testa e nella nuca con lacci o elastici. Devono anche coprire il mento. Lavarsi le mani prima di indossare la maschera. Una volta fissata bene sul viso, non deve più essere toccata direttamente con le mani , si maneggia con i lacci o elastici e comunque sempre avendo effettuato correttamente la procedura di igiene delle mani e/o con guanti puliti. Per rimuovere la maschera, evitando di toccare la parte anteriore si distende l’elastica di fissazione o si snoda i lacci con dei guanti che smaltiamo subito dopo. La maggior parte delle maschere è ad uso unico; quindi una volta tolta ed immediatamente deposita dentro un apposito contenitore di rifiuti il più adatto al tipo di ogni situazione (per evitare eventuale contaminazione), si deve usare una mascherina nuova per la prossima necessità . Le mascherine inumidite, danneggiate o sporche vanno sostituite appena possibile. Nel caso di uso per numerose ore di lavoro, la maschera deve essere sostituta quando si riscontra un’alta resistenza respiratoria.

 

BIBLIOGRAFIA

1- http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?id=228&lingua=italiano#3

2 – Infection prevention and control of epidemic- and pandemic-prone acute respiratory diseases in health care. Geneva: World Health Organization; 2014 (https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/11 2656/9789241507134_eng.pdf, accessed 17 January 2020).

3 – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile 2020

4 – WHO-2019-nCov-IPCPPE_use-2020.1-eng.pdf

5 – https://scienze.fanpage.it/mascherine-chirurgiche-ffp2-e-ffp3-differenza-durata-e-come-usarle-contro-il-coronavirus/

6 – https://www.uni.com/index.php?option=com_content&view=article&id=9216:emergenza-covid-19-a-disposizione-le-norme-uni-per-combattere-il-contagio&catid=171:istituzionale&Itemid=2612

7 – https://www.confindustria.umbria.it/wp-content/uploads/2020/03/UNIN14900-2009_2009_EIT-semimaschere-filtranti.pdf

8 – http://www.aidii.it/wp-content/uploads/2020/04/nota-mascherine_REV01.pdf

9 – http://www.aidii.it/wp-content/uploads/2020/04/COVID-19-NUOVO-DOCUMENTO-AIDII-09-aprile-2020-Rev02.pdf

10 – Nancy H. L. Leung  , Daniel K. W. Chu , Eunice Y. C. Shiu , Kwok-Hung Chan , James J. McDevitt , Benien J. P. Hau et al. Respiratory virus shedding in exhaled breath and efficacy of face masks. Nature Med. 2020 3 April; https://doi.org/10.1038/s41591-020-0843-2.

11 – Konda A, Prakash A, Moss GA, et al. Aerosol Filtration Efficiency of Common Fabrics Used in Respiratory Cloth Masks. ACS Nano 2020 doi: 10.1021/acsnano.0c03252

12 – WHO-2019-nCov-IPC_Masks-2020.3-eng.pdf

13 – https://portale.fnomceo.it/elenco-dei-medici-caduti-nel-corso-dellepidemia-di-covid-19/

14 – https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto+ISS+COVID+2_+Protezioni_REV.V6.pdf/740f7d89-6a28-0ca1-8f76-368ade332dae?t=1585569978473

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OLI ESSENZIALI E CORONAVIRUS: lo stato della scienza

14 Aprile 2020 Blog, News

I primi alambicchi di terracotta (per estrarre l’olio essenziale dalla pianta) sono stati ritrovati negli scavi archeologi dai Sumeri.
Molte antiche civiltà come l’Egitto, la Cina e l’India hanno usato gli oli essenziali da almeno 6000 anni.
Fino all’ultimo secolo, i medici hanno sempre utilizzato gli oli essenziali per curare le infezioni virali.
In tutti questi secoli di Medicina Tradizionale , sono stati curati milioni di casi che piano piano hanno costruito la Materia Medica di Fitoterapia, “bibbia” di raccolta delle proprietà terapeutiche delle piante medicinali.

Poi è arrivato Claude Bernard (1813-1878) che ha pubblicato “Introduction à l’étude de la médecine expérimentale, Baillière, Paris, 1865”. Claude Bernard è il padre della scienza medica moderna, ma i suoi principi, con i mezzi della loro epoca, erano già usati da Galeno e Avicene, e non solo.
I nostri tempi recenti hanno visto arrivare la chimica di sintesi che è riuscita a fabbricare artificialmente dei medicinali, copiando all’inizio quelli della Natura.

Il primo medicinale di sintesi è stato l’aspirina (acido acetilsalicilico) che ha copiato l’estratto del Salice.
Un altro grande progresso è stato nell’estrazione della penicillina dal fungo Penicillinum glaucum; scoperta del 3 settembre 1928 da Alexander Fleming Adel dopo la tesi di medicina, nel 1897, del giovane Francese, Ernest Duchesnes : “Contribution à l’étude de la concurrence vitale chez les micro-organismes: antagonisme entre les moisissures et les microbes”.

Poi la chimica ha migliorato la produzione della penicillina, aiutando la fermentazione naturale, e quindi si chiamava “semi-sintetica”. L’ultimo secolo ha visto, grazie ai progressi della chimica l’arrivo di farmaci completamenti di sintesi. Per esempio, la ribavirina (antivirale) nel 1970 e anche utilizzata da alcuni medici nella cura del COVID 19 . Poi arrivano i farmaci “immunobiologici” che con l’impiego della tecnologia del DNA ricombinante, arrivano a produrre quantità di molecole terapeutiche con una base iniziale di tessuto animale o umano crudo purificato. Nel campo antivirale, uno dei primi esempio è stato l’uso dell’interferone (sostanza proteica nel nostro sistema immunitaria rilasciata dalle cellule in risposta ad infezione virale o ad induttori biologici).

Ho riassunto un piccolo percorso storico della galenica farmaceutica, per far capire che abbiamo avuto, sempre da fare con la Natura; che d’un modo o l’altro è la sorgente delle nostre soluzioni terapeutiche.

Per tornare al nostro argomento (oli essenziali contro coronavirus), gli oli essenziali hanno fatto prova delle loro azioni antivirali durante secoli e secoli di pratica medica.
Si chiama la prova basata sulla pratica medica.
Oggi quando vogliamo sapere se un nuovo prodotto avrà delle proprietà terapeutiche, non possiamo aspettare secoli di pratica; per fortuna abbiamo un metodo sperimentale più veloce che risponde alla domanda in qualche settimana o mese.

Gli oli essenziali, per la maggior parte di loro, sono già conosciuti terapeuticamente nella Materia Medica delle piante medicinali che si è arricchita durante gli anni e quindi gli oli essenziali sono di uso legittimo contro i virus.
Però giustamente, piacerebbe al medico moderno, che le prove accumulate durante i secoli potessero essere controllate e precisate con studi scientifici randomizzati.
Per questo è nato negli anni ’50, il concetto della Medicine basata sulle evidenze (Evidence Based Medicine).

Le evidenze sono state classificate secondo il livello di prova scientifica, in 5 categorie:

Il livello V è la base della piramide, è composta da editoriali (come per esempio per il nostro caso : la materia medica e tutti libri e riveste di fito-aromaterapia della storia fino a d’oggi) e delle opinioni degli esperti (specialisti ed insegnanti, in aromaterapia per il nostro caso) o ancora dei risultati ottenuto in laboratorio in vitro o in vivo sull’animale. Senza prova scientifica, la raccomandazione terapeutica sarà fondata su un accordo professionale.

Il livello IV della piramide sono i case-report, quindi le pubblicazione dell’efficacia d’un farmaco su un caso isolato, o studi senza gruppo controllo. Per esempio di case-report, la guarigione d’un caso di carcinoma baso-cellulare della cute con tre mesi di applicazione quotidiana di olio essenziale di Boswellia sacra (Fung K.M. et al.). Per esempio di studio senza gruppo controllo, 28 donne con vaginite da candida albicans sono state trattate per 90 giorni con ovuli contenenti 0,2 g di olio essenziale di melaleuca alternifoglia australiana (tea tree oil). Dopo 30 giorni, 21 donne erano senza candida albicans (Belaiche, 1988). La raccomandazione terapeutica è accettata ma con un livello di prova basso : grado C

Il livello III corrisponde agli studi caso-controllo o studio controllato.
Per esempio : lo studio sull’efficacia dell’olio essenziale di lavanda per curare gli attacchi di emicrania dove i ricercatori hanno creato due gruppi non randomizzati dei 47 pazienti totali che soffrano di emicrania (gruppo Lavanda e gruppo placebo).
In caso di crisi, i soggetti del gruppo lavanda hanno inalato l’olio essenziale di lavanda durante 15 minuti ogni mezzora per 2 ore.
Di fronte al gruppo placebo, il gruppo lavanda ha osservato una più bassa intensità del dolore su scala visiva (meno 3,6 nel gruppo lavanda contro 1,6 nel gruppo placebo (Payam S. et al.).
La raccomandazione terapeutica è accettata ma con un livello di prova debole: grado C

Il livello II raccoglie gli studi controllati non randomizzati ma ben condotti e gli studi controllati randomizzati di lieve potenza (numero di pazienti insufficiente, cieco semplice). Per esempio: un studio realizzato su 103 pazienti affetti da cancro, ha confrontato l’effetto del solo massaggio con olio neutro (gruppo di controllo) con massaggio con olio con aggiunta di O.E. Di camomilla (gruppo di trattamento, randomizzato in semplice cieco) A due settimane dopo il massaggio è stata riscontrata una riduzione significativa del livello di ansia nel gruppo di trattamento rispetto al gruppo di controllo (Fondazione Hospice Trentino Onlus 25/06/2018 Aromaterapia : Novità dalla letteratura) . La raccomandazione terapeutica è basata su un livello di prova scientifica probabile : grado B

Il livello I è fatto degli studi randomizzati o clinical trial di forte potenza (numero di pazienti statisticamente sufficiente, in doppio cieco e controllati) e delle meta-analisi di studi randomizzati.
Per esempio: 55 pazienti randomizzati (gruppo con olio essenziale + gruppo con placebo) hanno utilizzato in doppio-cieco quotidianamente collutorio di oli essenziali o placebo per 6 mesi di cura, con prima valutazione a 2 mesi.
I risultati hanno evidenziato solo nel gruppo trattato riduzione della placca e dei batteri patogeni (Cortelli S.C. et al.) .
La raccomandazione terapeutica è basata su un livello di prova scientifica certo : grado A
Il termine “controllato” indica che il gruppo di studio del farmaco è paragonato ad un gruppo di confronto che deve ricevere la miglior terapia disponibile (Dichiarazione di Helsinki revisionata ad Edimburgo nel 2000) o un placebo se non esiste cura attiva.
La parola “randomizzati”, che viene dalla parole inglese random (casuale), significa che nello studio, ogni soggetto è assegnato in modo casuale a ricevere il trattamento oppure il placebo.
La parole “cieco” significa che il paziente non sa quale trattamento riceve.
Nel “doppio cieco”, nemmeno i ricercatori e gli operatori sanno quale trattamento è somministrato a ciascun soggetto.

Nel campo dell’aromaterapia, dove esiste da secoli, l’uso terapeutico di centinaia di oli essenziali, è molto importante sottolineare, che tanti di loro avrebbero un livello di raccomandazione di grado A.
Semplicemente, non ce l’hanno perché gli studi randomizzati di secondo o di primo livello non sono ancora stato effettuati.
C’è un immenso lavoro da fare per controllare tutto ciò che dà generosamente la Natura.
Nell’attesa di questi lavori, non è sbagliato ascoltare con umiltà e buon senso, il dono terapeutico generoso che da La Natura, senza dimenticare con rispetto e curiosità i lavori storici basati sull’osservazione che hanno accumulato nel tempo i nostri Maestri della Medicina.

Dopo questa precisazione, posso cercare le pubblicazioni che affrontano il tema del ruolo degli oli essenziali di fronte ai coronavirus ed in particolare al COVID-19 e vedere il livello di prove che mi portano.

I coronavirus appartengono alla famiglia dei Coronaviridae, nell’ordine Nidovirales.
Virus a RNA positivo in filamento unico, non segmentato, che hanno un involucro in aspetto di corona e delle proteine di superficie appuntite a spina che si legano ai recettori ACE2 delle cellule ospite per poi entrare nella cellula all’interno di un endosoma.
Il serbatoio comune dei coronavirus è il pipistrello, ma l’infezione passa all’uomo, generalmente attraverso una specie intermedia come il gatto sospettato per il SARS, mangiato anche crudo in Cina o il pangolino (piccolo mammifero) sospettato per il COVID.
Fanno parte di questa famiglia 4 coronavirus responsabili di raffredori comuni e 3 coronavirus responsabili di grave infezione delle vie respiratorie inferiori: MERS (Middle East Respiratory Syndrome), SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome da SARS-CoV) e COVID-19 (Coronavirus Disease 2019 da SARS-Cov-2). Il COVID-19 presenta una sintomatologia simili al SARS e i geni del SARS-CoV-2 sono simili al 89,10% a quelli del SARS-CoV. Esistono 5 malattie da coronavirus nel suino, ma non sono state riportate infezioni nell’uomo da coronavirus suino.

1-8 cineolo

 

Nella letteratura, c’è un unico studio dell’azione d’un olio essenziale contro il virus del COVID-19.

È stato pubblicato il 31/03/2020 nella rivista Preprints da Sharma A.D. e Kaur I. del Dipartemento di Biotecnologie del Lyallpur Khalsa College di Jalandhar nel Punjab (India).
Hanno dimostrato, in vitro, che Eucalyptolo (1,8 cineolo) monossido terpenico, principale componente (65-80%) dell’olio essenziale di Eucalyptus globulus è un potenziale inibitore dell’infezione da virus corona CoV-2 (responsabile della COVID 19), attraverso il forte legame dell’eucaliptolo sulla proteinasi virale Mpro (3CLpro) che blocca la replicazione del SARS-CoV-2.
L’eucaliptolo è attirato “elettrostaticamente” sulla cisteina di Mpro (3CLpro) da interazioni idrofobiche e ioniche forti seguite da legame idrogeno, che blocca l’azione dell’enzima (“molecular docking).(cf foto dei autori).
È interessante ricordare che 1,8 cineolo è anche presente nelle Lauraceae come l’Alloro nobile (36%) e la Ravintsara (65%) conosciute per la loro azione antivirale e particolare contro il CoV – SARS, ma anche nelle Myrtaceae come l’olio essenziale di Niaouli (Melaleuca quinquenervia)(50%) e l’olio essenziale di Cajeput (Melaleuca cajuputi)(54%).

 

Perché è cosi importante di bloccare la proteinase virale?

La proteinase virale è un enzima (come la papaia) che scioglie su dei punti precisi il lungo filamento polipeptidico che viene di riprodurre per la sua clonazione e moltiplicazione, il processo virale.
Sono un po’ come le forbici del sarto che vanno a tagliare la stoffa per ottenere i pezzi di lunghezza giusta per poi assemblarle e fare un nuovo esemplare di vestito dalla carta-modella iniziale. Immaginate che la cisteina sia la vite al centro delle forbici;
dopo passaggio del 1,8 cineolo dell’eucaliptus (o d’un antiretrovirale anti proteina di sintesi), le forbici si ritrovano in due pezzi incapaci di tagliare il filamento polipeptidico e pertanto senza proteine di lunghezza giusta il core (o li nuovo vestito) non potrà essere creato e così la replicazione virale subisce una battuta d’arresto e quindi le particelle virale non possono più causare infezione.

Tornando qualche anno indietro, troviamo qualche pubblicazione su oli essenziali e CoV- SARS:

Laurus nobilis (Alloro nobile)
Loizzo M.R. et al. (Università di Calabria, di Ferrara, di Libano e di Frankfort) hanno dimostrato in vitro l’attività interessante dell’olio essenziale di Laurus nobilis contro SARS-CoV con un valore IC(50) di 120 microg/ml e un indice di selettività (SI) di 4,16. Il suo principale costituente è il 1-8 cineolo (36%) che potrebbe essere l’attore principale anti SARS, come dimostrato recentemente sul SARS-2 COVID 19.

Eucalyptus
Prima della scoperta dell’azione dell’eucalyptus sul CoV-2 in 2020, questo olio essenziale aveva già nel 2004 mostrato la sua azione in vitro contro il SARS-CoV alla concentrazione di 100 microm (WU C.).
Scrivendo questo articolo, mi sono ricordato, che quando ero piccolo, fin dai primi sintomi di affezione virale delle vie respiratorie, mia madre mi faceva fare delle fumigazioni di eucalyptus (si metteva l’eucalyptus nell’acqua bollente dentro una grande tazza, si respiravano i vapori ricchi di olio essenziale volatile di eucalipto la testa sopra la tazza e si copriva la testa e la tazza con un asciugamano per non perdere il prezioso aerosol.
Questa via di azione dell’eucalyptus è stata studiata, nel 2014, a Vancouver da Vimalanathan S. e Hudson J. e hanno evidenziato che l’eucaliptus globulus, ma anche il thymus vulgaris, la salvia officinalis, il pelargonium graveolens, il cinnamomum zeylanicum, il citrus bergamia e il cymbopogon flexuosus inibiscono l’emagglutinina presente sulla parete del virus dell’influenza. Questa articolo non ha rilevanza per il nostro argomento perché il coronavirus non ha emagglutinina, ma conferma che l’aerosol è una via valida per trasmettere un olio essenziale.

La grande similitudine tra la protease 3CL-pro del CoV e quella del CoV-2 spiegano che 1-8 cineolo (presente in diversi oli essenziali) ha funzionato contro i due virus (ci sono solo 12 amino acidi diversi sul CoV-2  ma a meno d’un nm del sito attivo dell’enzima!, come lo spiega benissimo la Dr.ssa Marina Macchiagodena di Firenze, specialiste mondiale delle proteinase virali).

Menta piperita, Thymus vulgaris e Desmodium Canadense
Lelešius R. et al. hanno dimostrato in vitro il potente potere inibitore della replicazione virale di questi 3 oli essenziali sul coronavirus della bronchite infettiva aviaria.
Contro questa patologia ha avuto anche successo in vivo con spray intranasal o aerosol respiratorio dai polli il composto di oli essenziali DR448, di cui la composizione è protetta da brevetto (Jackwood M.W. et al.).
Sottolineo qui, che esiste in farmacia e para-farmacia una specialità disponibile senza ricetta medica di aerosolterapia per infezioni delle vie respiratorie in due forme (adulta e pediatrica) con olio essenziale di thymus vulgaris nella sua composizione.

Anthemis hyalina (Chamomilla ialina)
Ulasli M. et al. hanno dimostrato in vitro che l’estratto dell’olio essenziale di Anthemis hyalina (Chamomilla ialina) azzera la carica virale di CoV e ipotizzano che sia dovuto alla riduzione dell’espressione genica di TRPV4.

 

 

CONCLUSIONE

Al momento, non posso scientificamente suggerire formulazioni di aromaterapia per prevenire o curare l’infezione da SARS-CoV-2. (COVID 19).
Dobbiamo aspettare i risultati degli studi clinici controllati, randomizzati, in doppio-cieco, che potrebbero essere fatti alla luce di cui sopra su gli oli essenziali di Eucaliptus radiata, Eucaliptus globulus, Laurus nobilis e Cinnamomum camphora CT cineoliferum (Ravintsara) contro un altro inibitore della proteasi 3CL-pro (M-pro) come l’indinavir per esempio;
per confermare i consigli del Dott. Jean-Pierre Willem, nostro esperto medico-chirurgo antropologo, specialista della medicine tradizionale che nel suo libro sugli oli essenziali antivirali consiglia principalmente questi oli essenziali nella cura delle infezioni da coronavirus.

Gli oli essenziali si usano tradizionalmente per affrontare i sintomi delle infezioni delle vie respiratorie.
In questo caso, le vie per far penetrare gli oli essenziali sono multiple: aerosol, inalazione, diffusione atmosferica nell’ambiente con diffusori di aromi, transdermica sul torace e per via orale. Non è perché un rimedio è naturale (adesso chiamato “integratore”, quindi in vendita libera) che non ha effetto tossico in alcune condizioni o non ha delle contro-indicazioni, come le hanno tutti i farmaci.
Per esempio alcuni oli essenziali sono contro-indicati durante tutta o parte della gravidanza o durante l’allattamento o ai piccoli sotto 6 anni per via orale o a chi ha alcune patologie o prende un certo farmaco per evitare le interazioni farmaceutiche.

In un periodo di pandemia virale pericolosa, come il COVID 19, l’aromaterapia può legittimamente essere utilizzata: preventivamente per rinforzare le difese immunitarie o in ospedale, aggiunta nella cura della polmonite per abbassare un eccesso infiammatorio fatale o ancora per trattare tutti i sintomi psicologici sia di gestione difficile della paura che provoca ansia e angoscia fino all’attacco di panico o l’agitazione per non riuscire più a sopportare l’isolamento o la depressione nel lutto quando si perde un amico o un familiare vittima del CoV-2.

Di conseguenza, raccomando che la vostra aromaterapia  avvenga solo dopo aver consultato il vostro medico curante,  sia per la diagnosi del vostro problema di salute e quindi la sua indicazione, che per le contro-indicazioni al suo uso nel vostro caso.

Dott. Michel MALLARD 11/04/2020


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RUOLO POTENZIALE DELLA MICOTERAPIA DURANTE LA PANDEMIA COVID-19

6 Aprile 2020 Blog, News

Per motivo deontologico, questo articolo non contiene ricette terapeutiche ma nomi di principi terapeutici che il vostro medico potrà prescrivere, se lo riterrà opportuno, sia a scopo preventivo che terapeutico.

In questo periodo di pandemia COVID-19, sento il dovere etico di comunicare un case-report non pubblicato di covid-19 non complicato di polmonite (febbre alta, tosse secca permanente, dolori diffusi, astenia fisica e mentale, anoressia con dimagrimento, perdita di gusto e dell’olfatto, tampone orofaringeo positivo per covid-19) da un soggetto maschio di 64 anni, di razza caucasica, senza patologia cronica, ne terapia in atto.
Dopo il terzo giorno di febbre alta, è stata iniziata una terapia di micoterapia antivirale.
Dal giorno dopo, la febbre era diminuita di un grado Celsius di temperatura e tutti i sintomi sono progressivamente spariti nell’arco di cinque giorni, con esito negativo del doppio tampone di controllo, effettuato quatto settimane dopo l’inizio dei sintomi.
Il paziente ha percepito un cambiamento positivo qualche ora dopo la prima dose orale della terapia.

Su un caso unico, senza studio scientifico, non si può concludere se è stato il farmaco o meno che ha provocato o aiutato la guarigione.

Però nel contesto dove diversi ospedali stanno usando con successo alcuni antivirali di sintesi anti-HIV ed altri per curare i pazienti infettati da Covid-19, mi sembrava opportuno di fare una mini-review sull’attività antivirale dei componenti di questo farmaco naturale.
Durante questi ultimi anni i mondo della ricerca farmaceutica si concentra sulle proprietà antivirali dei funghi de dei loro componenti, in particolare contro l’HIV (Singh S.B.)

Gli ingredienti di questo composto sono per capsula :

  • Cordyceps sinensis micelio o Ophiocordyceps sinensis Dhong Chong Xia Cao (usato nella Medicina Tradizionale Cinese da 620 a.C.) 320 mg
  • Epigallocatechin gallato (EGCG) estratta da The verde 64 mg
  • Betaglucani estratti da diversi funghi medicinali :

Agaricus blazei Murril (ABM) 51 mg

Cordiceps sinensis 51 mg

Ganoderma lucidum Reishi 51 mg

Grifola frondosa Maitake 51 mg

Lentinus edodes Shiitake 51 mg

In prevenzione durante la pandemia virale, la posologia consigliata è di 1 cps mattina e sera; in terapia antivirale acuta: 3 cps ogni 8 ore.
L’assorbimento e quindi l’efficacia dei funghi medicinali sono aumentati dalla contemporanea assunzione di vitamina C (100 – 500 mg), che favorisce l’assorbimento enterico dei polisaccaridi.

Mi fermo qui sulla descrizione delle proprietà immunomodulatrice e antivirali contro i virus con involucro di questi composti sopra enunziati.

Sulla preparazione intera sopraindicata esiste un studio realizzato nel 2011, da Adotey G. et al., su 8 pazienti HIV, trattati esclusivamente con questi funghi, che ha dimostrato un aumento molto significativo dei linfociti CD4+.

Epigallocatechin Gallate, il componente principale del polifenolo del tè verde, si lega a CD4 e interferisce con il legame gp120 dell’involucro dell’HIV-1. (Kawai K. et al., Nance C.L. et al., Yamaguchi K. et al.).

 

Cordyceps sinensis micelio

Muller W.E. et al. hanno dimostrato che la cordicepina inibisce la replicazione virale HIV via inibizione dell’enzima revers transcriptase.

La cordymin, una protease estratta da Cordyceps inibisce la HIV-1 reverse transcriptase nei studi fatti da Wong J.H. et al.

Li F. et al hanno dimostrato dal topolino che Cordyceps sinensis micelio evita le lesione miocardiche provocate dal virus Coxsackie B3 attraverso l’induzione dell’interferone gamma e dei linfociti T regolatori.

Cordyceps ha una significativa azione inibitoria sul Virus Respiratoria Sinciziale.

Lee H.H. et al. hanno dimostrato che il Cordyceps sinensis micelio ha un effetto anti H1N1 virus dell’influenza pendemica del 2009 sui topi (peso corporeo stabile e ridotta mortalità) mediato dall’aumentata espressione di IL-12 e dal maggior numero di cellule NK.

L’estratto APS del Cordyceps militaris somministrati per via nasale dei topi ha ridotto i titoli dei virus nel liquido di lavaggio broncoalveolare dei topi infettati dal virus dell’influenza A (Ohta Y. et al.)

La cordicepina ( 3-deoxyadenosine), molecola analoga ai nucleosidi del Cordyceps sinensis micelio inibisce l’infezione da Epstein Barr Virus attraverso la soppressione della sua replicazione (Ryu E.R. Et al.). La struttura di questi nucleodi naturali è molto simile a quella di alcuni farmaci antivirali.

La terapia con Cordyceps sinensis micelio è efficace nella cura dell’asma attraverso gli effetti broncodilatatori e l’abbassamento di IgE e IL4. (Wang N.W. et al).

La terapia con Cordyceps sinensis micelio presenta alcune contro-indicazioni :

  • Carenza di informazioni sulla sicurezza in caso di gravidanza, allattamento e sotto l’età di 6 anni,
  • Per sicurezza, visto la presenza di derivati del coumarin in numeri funghi medicinali (Krohn K. et al.): Associazione con anti-coagulanti o anti-aggreganti perchè cordiceps potrebbe rallentare la coagulazione del sangue,
  • Chirurgia : smettere di prendere cordiceps due settimane prima dell’intervento per evitare un rischio di sanguinamento
  • Associazione con farmaci immunosoppressori perchè Cordiceps stimola l’immunità,
  • Allergia ad uno dei suoi componenti

Non sono effetti di sovradosaggio di Cordyceps sinensis tranne nausea e diarrea che scompaiano con il proseguimento del trattamento.

Un’attenzione deve essere portata ai pazienti diabetici per adattare la loro cura perché il Cordyceps sinensis micelio ricco di polisaccaridi (beta glucani e glicoproteine) riduce l’assorbimento enterico degli zuccheri e migliora la sensibilità periferica all’insulina (Kiho T. et al.).

I beta glucani estratti da diversi funghi medicinali hanno delle proprietà antivirali ben documentati (Sobieralski K. et al.) principalmente attraverso l’attivazione degli interferoni dalla componente polisaccaridica dei beta glucani.

Gli interferoni inducono une resistenza all’attacco virale, aumentano l’attività dei macrofagi (Koh J.H. et al.) e dei lincociti T e sono in grado di inibire la replicazione virale.

Agaricus blazei Murril

Anche conosciuto come Agaricus brasiliensis o Ji Song Rong o Himematsutake o Agaricus subrufescens.

I funghi della classe Agaricomycetes hanno un’attività antivirale contro Herpes, Nilo occidentale, Influenza, HIV e Epatite virali (Teplyakova T.V. E., Kosogova T.A.).

Cardoso F.T.G.S. et al. hanno dimostrato un effetto anti herpetico HSV-1 e HSV-2 del derivato sulfatato di Agaricus brasiliensis che si lega al virus e cosi impedescice la sua adesione alle cellule. Questo principio è particolarmente studiato da un’equipe franco italiana a Torino sull’uso di nano particelle non tossiche (MUS:OT-NPS) con risultati positivi contro i virus HSV-2 e LS-VSV-G (Cagno V. et al.).

Yuminamochi E. et al. hanno evidenziato sui topi che Agaricus blazei Murrill hanno aumentato l’attivazione delle cellule Natural Killer attraverso la produzione di Interferone gamma mediata da IL-

Minari M.C. et al. hanno studiato il potenziale antivirale del polisaccaride-peptide (PLS) e del β-glucano estratti da Agaricus brasiliensis nella replicazione dell’herpesvirus bovino 1 (BoHV-1) nelle colture cellulari Hep-2. Il PLS e il β-glucano hanno inibito la replicazione del BoHV-1 interferendo con i primi eventi di penetrazione virale.

Hsu C.H. et al. hanno normalizzato i transaminasi di quattro pazienti affetti di epatite C dopo un anno di cura con Agaricus blazei Murrill.

L’estratto di Agaricus blazei Murrill è stato co-somministrato con il vaccino contro il virus dell’afta epizootica per aumentare le risposte immunitarie. (Chen L., Shao H.)

Sorimachi K. et al. hanno evidenziato in vitro che Agaricus blazei Murrill inibisce la sviluppo del virus dell’encefalia equina.

Ganoderma lucidum (Reishi)

Il ganoderma lucidum, un fungo usato nella medicina tradizionale cinese, produce polisaccaridi e triterpenoidi ossigenati con un ampio spettro di attività biologiche e funzioni farmacologiche (Shiao M.S.).

I Composti isolati di Ganoderma (ganoderone A, lucialeide B, ergosta-7,22-dien-3βolo hanno dimostrato di possedere una potente attività inibitoria contro il virus dell’herpes simplex (Niedermeyer T.H.J. et al.), confermato clinicamente da Hijikata Y. Et al.

Hijikata Y, Yamada S. hanno ridotto drasticamente il dolore e ottenuto la guarigione della lesioni di Herpes Zoster con Gadoderma lucidum su 2 pazienti. (case-report).

Due estratti del Gadoderma : il ganoderiol F e il ganodermanontriol sono risultati attivi come agenti anti HIV-1.(El-Mekkawy S. et al.). Lo stesso anno Min B.S. et al. hanno dimostrato l’azione inibitrice della spore di Gadoderma lucidum sulla protease dell’HIV-1.

Dal Gadoderma lucidum, sono stati isolate due sostanze idro solubili : Glhw e Gllw, e 8 sostanze metanolosolubili (GLLe1-8), che hanno dimostrate avere attività antivirale contro herpes simplex 1 e 2, influenza A, e vesicular stomatis virus (Eo S.-K. et al.).

Iwatsuki K. et al. et al. hanno dimostrato che 3 sostanze estratte dal Gadoderma lucidum : l’acido lucidenico P e i metil lucidenati P e Q inibiscono del 96-100% l’induzione di EBV-EA.

Kim Y-S. et al.hanno studiato le diverse sostanze anti-herpetiche isolate dal Gadoderma lucidum e suggeriscono che il polisaccarido Glhw-02 possiede la possibilità di essere nuovo agente anti-herpetico. Questo lavoro è stato confermato da Liu J. et al. nel 2004.

Li Y.-Q., Wang S.-F. Hanno dimostrato l’inibizione della replicazione del virus dell’epatite B con l’acido ganoderic, proveniente dal Ganoderma lucidum.

Grifolia frondosa (Maitake)

Il β-glucano estratto da Grifola frondosa ha avuto un effetto positivo su 35 pazienti affetti da infezione HIV. L’85% ha segnalato un maggiore senso di benessere, 20 pazienti hanno avuto un aumento di CD4+ e 10 pazienti hanno mostrato un abbassamento della carica virale (Nanba H. et al.).

Lo studio randomizzato su 32 pazienti affetti di Epatite Cronica B (contro gruppo controllo VHB non trattato). La guarigione è stata del 72% nel gruppo trattato con Grifola frondosa contro 57% nel gruppo non trattato. La seroconversione da Hbe Ag positiva a negativa è stata del 44% nel gruppo trattato contro 13% nel gruppo controllo (Wu S. et al.).

Gu C.-K. et al. hanno scoperto che la proteina GFAHP estratta di corpi fruttiferi di Grifola frondosa hanno inibito la replicazione del virus dell’Herpes Simplex di tipo 1.

Gu C.-K. et al. hanno dimostrato che Grifolia frondosa aumenta di 9 volte l’attività dell’interferone contro l’epatite cronica da HBV.

Lentinula edodes (Shiitake o Lentinus edodes)

Rincȃo V.P. et al. hanno dimostrato che gli estratti AqE, EtOHE e LeP (proteine beta glucano) del Lentinula edodes interferiscono con le le fasi iniziali della replicazione virale dell’herpes bovino tipo 1 e del poliovirus tipo 1.

La lentina, estratto polisaccaridico di shiitake blocca la replicazione virale HIV tramite la produzione di interferone che blocca la hiv1-1 reverse transcriptase (Ngai P.H.K. Suzuki H. et al., Tochikura T.S. et al., Yoshida O. et al.).

L’associazione di uno spray nasale contenente Lentinus edodedes nel mese della vaccinazione anti influenzale aumenta il tasso di IgG anti H1N1. (Zhu H. et al.)

Lentinula edodes mycelia extract (MSCE) e la lignina a basso peso molecolare (componente epatoprottetivo del Shiitake) hanno inibito l’ingresso intracellulare del virus HCV e il MSCE ha inibito la replicazione del sottogenoma dell’HCV (Matsuhisa K. et al.).

Un estratto di Lentinus edodes mycelia blocca la replicazione dell’herpes simplex virus 1 (Sarkar S . et al.).

L’estratto standardizzato AHCC di Lentinula edodes mycelia ha presentato primi risultati incoraggianti nella terapia delle infezioni da HPV (papillomavirus). Lo studio di fase 2 radomizzato, in doppio cieco è in corso (Smith J.A. et al.)

 

CONCLUSIONE

Questi numerosi studi evidenziano che le proprietà antivirale si ritrovano per tanti funghi, e che non hanno una specificità per un virus in particolare. Quindi è molto incoraggiante e porterebbe a pensare che possano essere utili contro il Covid-19.

Il Covid-19 ha una particolarità che concentra le ricerche attuali (Sigrist C. J. et al.) : le sue spine esterne sono fatte di integrina, proteina che li permette di aderire e poi di entrare nella cellula. Questa particolarità forte che ha il Covid-19 diventa un punto debole se arriviamo a inibirlo prima che si attacchi.
I beta glucani (polimeri di carboidrati) estratti dalla parete dei funghi medicinali potrebbero essere i candidati ideali perché hanno questa affinità per le integrine.
In fatto, il loro classico modo di funzionamento è di legarsi alle integrine dei leucociti neutrofili per attivare il sistema immunitario.
Nel caso del Covid-19, avrebbero in più la capacità di legarsi al virus e così di impedirlo di aderire alle cellule umane.
Questo fatto spiegherebbe la percezione del paziente del case-report sopra descritto, di aver sentito quasi immediatamente l’effetto della terapia, dovuto ad un abbattimento brusco dell’attacco virale, se questa ipotesi si avvera esatta.

L’uso dei funghi medicinali è libero perché sono registrati come integratori alimentari, che nel caso, tanti di loro sono veramente alimentari in alcune regioni del mondo.

Però, nell’interesse della Salute Pubblica e per la tutela dei medici e dei loro pazienti;
sarebbe molto utile la realizzazione d’uno studio randomizzato che attesti o meno la validità di alcuni funghi medicinali nella lotta, sia preventiva che curativa contro la patologia da coronavirus ed in particolare contro il covid-19.

Dott. Michel MALLARD, il 06/04/2020

 

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TRATTAMENTO DEL DOLORE CRONICO E DELL’INFIAMMAZIONE SISTEMICA CRONICA

2 Settembre 2019 Blog, News

TRATTAMENTO DEL DOLORE CRONICO E DELL’INFIAMMAZIONE SISTEMICA CRONICA CON UN DISPOSITIVO DI BIOFEEDBACK ELETTRODERMICO NON INVASIVO (RegMatEx©): risultati di uno studio in doppio cieco su 1965 pazienti.

 

Dr Michel MALLARD medico-chirurgo specializzato in Agopuntura e in Medicina Psicosomatica.
FERMO (FM) Tel : 340 5023405

L’infiammazione cronica è accompagnata da condizioni idroelettrolitiche alterate: aumento della pressione osmotica e della pressione oncotica del tessuto interstiziale, aumento dell’acidità extracellulare (pH<6), aumento dell’acqua extracellulare (ECW >43%), diminuzione dell’acqua intracellulare (ICW), perdita di potassio intracellulare e aumento del potassio sierico, diminuzione del potenziale di membrana cellulare a riposo (PRM) sotto 70 mV.

Le conseguenze di questi cambiamenti sono una diminuzione della capacità di raggiungere il potenziale di soglia, una riduzione della frequenza dei potenziali d’azione e quindi una riduzione della capacità regolativa idroelettrolitica con ridotte attività funzionali, disintossicante e riparative cellulari.
Il ripristino del potenziale di membrana a riposo e quindi della normale condizione idroelettrolitica è necessario per superare lo stato di allostasi cronica.

Il metodo utilizzato deve stimolare esternamente con una ampiezza e una durata sufficienti a provocare un flusso ionico attraverso la membrana cellulare e a portare il potenziale di membrana cellulare al di sopra del valore di soglia.

Partendo di questa ipotesi, uno studio multicentrico, in doppio ceco, coordinato da BioTekna (Dario Boschiero) e convalidato clinicamente presso l’Università Nazionale di Atene, in Grecia (George P. Chrousos, Unità di ricerca in Endocrinologia) ha valutato l’efficacia di un dispositivo di biofeedback elettrodermico non invasivo nel ridurre i livelli di dolore e l’infiammazione sistemica cronica.

Il dispositivo medico di biofeedback elettrodermico non invasivo utilizzato è stato il RegMatEx© (marchio BioTekna, Marcon, Venezia).

Questo dispositivo utilizza il principio del biofeedback del potenziale cellulare sistemico che permette dopo misura in mV (attraverso 2 elettrodi posizionati nei polsi) e correzione (con altri 2 elettrodi posizionati nelle caviglie) di evocare dei potenziali d’azione sopra il valore di soglia, utili ad indurre la ripolarizzazione cellulare (da -70 a -90 mV) con maggiore frequenza e quindi ad uscire dello stato di allostasi cronica.

I partecipanti allo studio erano 1015 pazienti di origini Caucasi (401 uomini, 614 donne), mentre i soggetti trattati con placebo erano 950 di origini Caucasi (500 uomini, 450 donne).
I pazienti avevano tra i 30 e gli 86 anni (età media 50 anni) e tutti soffrivano di dolore cronico. In tutti i soggetti, il dolore era una caratteristica alterando fortemente la qualità della loro vita.
Le patologie infiammatorie croniche con presenza di dolore erano:

  • artrite reumatoide,
  • osteoatrite,
  • cervicalgie,
  • fibromialgia,
  • lombalgia,
  • cefalea ricorrente cronica e
  • dolori cronici non specifici.

Per sicurezza, data la scarsità della letteratura sulle applicazioni elettrodermiche di biofeedback, sono stati esclusi i pazienti portatore di pacemaker, di stimolatori neurali profondi, epilettici e con grave scompenso cardiovascolare. Sono state anche escluse le donne in gravidanza accertata in quanto la terapia è inutile per il tipico scompenso idroelettrolitico fisiologico.

Tutti i pazienti hanno ricevuto 6 sedute di 30 minuti di biofeedback elettrodermico o di placebo (con cavo silenziato internamente), somministrate due volte a settimana per 3 settimane.
Il dolore percepito è stato valutato con la scala di valutazione numerica NRS (0 = assenza di dolore, 10 = dolore peggiore), mentre l’infiammazione sistemica cronica è stata esaminata con il livello di proteina C-reattiva (CRP) sierica nel mattino.

Nel gruppo di trattamento il dolore percepito e l’infiammazione sono stati significativamente ridotti, mentre lo studio parallelo con placebo non ha mostrato cambiamenti nel dolore percepito e nelle concentrazioni di CRP:

La variazione media dei livelli di CRP, tra prima e dopo il trattamento, era:

• da 20.8 a 7.53 per l’artrite reumatoide,
• da 8.9 a 4.14 per l’osteoatrite,
• da 9.56 a 2.76 per la cervicalgia,
• da 31.1 a 8.95 per la fibromialgia,
• da 7.9 a 4.02 per la lombalgia,
• da 6.07 a 4.17 per la cefalea cronica,
• da 8.11 a 3.42 per i dolori cronici non specificati.

Il test statistico t di Student ha dimostrato una buona significatività dei risultati sull’infiammazione : p<0.05.

La variazione media del grado di dolore della scala NRS, tra prima e dopo il ciclo, era:

• da 6.5 a 1.5 per l’artrite reumatoide,
• da 3.5 a 0 per l’osteoatrite,
• da 4 a 0.5 per la cervicalgia,
• da 7.5 a 1 per la fibromialgia,
• da 5 a 0.5 per la lombalgia,
• da 7.5 a 2 per la cefalea cronica,
• da 6 a 1 per i dolori cronici non specificati.

Il test statistico t di Student ha dimostrato una buona significatività dei risultati sul dolore : p<0.005.

In conclusione, la stimolazione della ripolarizzazione cellulare con il dispositivo elettrodermico RegMatEx© con biofeedback ha dimostrato la sua efficacia nella cura del dolore e dell’infiammazione cronici, attraverso il controllo dell’equilibrio idroelettrolitico intra ed extra cellulare.

 

BIBLIOGRAFIA
CHROUSOS G.P. Stress and disorders of the stress system. Nature Rev. Endocrinol. 2009;5:374-381.
CHROUSOS G.P., BOSCHIERO D. Clinical validation of a non-invasive electrodermal biofeedback device useful for reducing chronic perceived pain and sistemic inflammation. Hormones. 2019 june;18(2):207-213.
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TSIGOS C. et al. Stress and inflammatory biomarkers and symptoms are associated with bioimpedance measures. Eur. J. Clin. Invest.2015 February;45(2):126-134.
TRACEY K.J. The inflammatoty reflex. Nature, 2002 dicembre, 420 (6917):853-859.

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CURA E PREVENZIONE DEL COLPO DI CALORE

13 Agosto 2019 Blog, Patologie

Dott. Michel MALLARD medico-chirurgo specializzato in Medicina d’Urgenza, Omeopatia e Agopuntura.
FERMO (FM) Tel : 340 5023405
Il colpo di calore deve essere velocemente riconosciuto e trattato d’urgenza per evitare un possibile esito fatale. Sono particolarmente esposti i bambini al di sotto dei 4 anni, gli anziani oltre i 65 anni, gli obesi ed i pazienti con disturbi cardiaci, renali, polmonari o epatici.
Dobbiamo essere preparati ad evitarlo, visto che la sua incidenza aumenterà con il riscaldamento del pianeta.

COME SI RICONOSCE IL COLPO DI CALORE ?

Durante un episodio di esposizione prolungata a temperature elevate (spesso al sole o per gli anziani, anche in casa, durante le ondate di calore) o di pratica sportiva o lavorativa intensa in ambito caldo e umido, capita che falliscano i meccanismi compensatori per la dissipazione del calore gestiti dalle cellule sensibili alle variazioni di temperature dei nuclei anteriori e preottico dell’ipotalamo anteriore, provocando un aumento progressivo e notevole della temperatura centrale che si accompagna a sintomi mentali e neurologici.
In rari casi, il colpo di calore, insorge in seguito a consumo di cocaina e amfetamina o di farmaci antidepressivi IMAO (sindrome serotoninergica) o di neurolettici: alloperidolo, clorpromazina (sindrome neurolettica maligna) o ancora di anestetici in pazienti geneticamente predisposti.
Alcuni farmaci possono favorire il colpo di calore: anti-Parkinson perchè inibiscono la sudorazione e diuretici perché aumentano l’escrezione urinaria di liquidi.
La diagnosi differenziale si fa con le altre cause di ipertermia: infezione tipo meningite e sepsi, crisi tireotossica, sindrome da shock tossico, intossicazioni, stato di male epilettico, convulsioni, ictus.
Nell’esaurimento da calore (ipotensione da perdita di liquidi), seguito dal collasso da calore se non è preso in tempo, la temperatura è inferiore a 40°C e non ci sono le alterazioni del sistema nervoso centrale.
Sono comunque da prendere in considerazione per evitare di arrivare al colpo di calore.
La stessa attenzione sarà data ai crampi da calore, avvertimenti di scompenso idro- elettrolitico all’esposizione al caldo che colpisce l’addome e gli arti. L’uno come l’altro si curano con il riposo, la reidratazione salina e il refrigerio con doccia o bagno.
Nella definizione del colpo di calore, la temperatura corporea supera i 40°C senza che la persona affetta se ne accorga.
La cute è calda, arrossata e piuttosto senza sudorazione (50% dei casi).
Il viso diventa bluastro.
I primi sintomi di disfunzione cerebrale sono:
• Astenia, debolezza, affaticamento allo sforzo e dolori muscolari;
• Sensazione di malessere;
• Acufeni e sensazioni vertiginosi con nausea e vomito;
• Scarsa coordinazione motoria con goffaggine (atassia cerebellare);
• Stordimento.
poi insorgono:
• Cefalea;
• Vista annebbiata;
• Disorientamento temporo-spaziale, agitazione;
• Confusione mentale, comportamento bizzarro, aggressività, allucinazioni, delirio, epilessia e coma.
Osserviamo anche un’attivazione del sistema nervoso simpatico nel tentativo di far fronte alla situazione.
L’evidenzia la midriasi, l’accelerazione della frequenza respiratoria e della frequenza cardiaca per aumentare la dissipazione del calore attraverso l’aumento del flusso ematico che passa da 200 mL/min a 7-8 L/min, che permette di aumentare la perspirazione di acqua che può così superare 2 litri in un’ora, spiegando la costante presenza della disidratazione.
La pressione arteriosa è molto alta o molto bassa.
Questa forma di ipertermia denatura le proteine (sopra 41°C), scatenando una risposta anti- infiammatoria sistemica attraverso la liberazione delle citochine proinfiammatorie (TNFalfa, IL-1beta) che provoca una disfunzione multi-organo (cervello, muscolo, rene, polmone, fegato) inducendo una coagulazione intravascolare disseminata e spesso il decesso.
Se la temperatura supera i 44°C, difficilmente il paziente potrà sopravvivere.

 

COME SI CURA IL COLPO DI CALORE ?

L’urgenza vitale è raffreddare il corpo per bloccare la crescita della temperature che risulterebbe fatale.
In attesa di un’ambulanza medicalizzata che verrà richiesta al 118, il corpo deve essere raffreddato immediatamente con l’immersione in acqua fredda: a casa dentro una vasca da bagno o in una piscina, in gita in montagna dentro ad un lago, un fiume o un torrente.
Nell’acqua la pelle dovrà essere massaggiata per favorire la dispersione del calore a livello cutaneo.
In assenza di possibilità di immersione in acqua, di doccia o di ghiaccio, nell’attesa dell’ambulanza, portare il paziente spogliato in un luogo ombroso, fresco e possibilmente ventilato con corrente d’aria, ventilatore, ventaglio o asciugacapelli. Distendere il paziente, sollevare le gambe e nel caso che la temperatura dell’ambiente superi i 35°C, applicare sul corpo asciugamani imbevuti di acqua fredda da bagnare nuovamente non appena diventino tiepidi.
In caso di coma, controllare il polso carotideo e praticare la rianimazione cardiorespiratoria in caso di arresto cardiaco.
Durante il trasporto in ambulanza, il raffreddamento proseguirà con l’applicazione delle buste di ghiaccio chimico sull’inguine e sulle ascelle (con un panno protettore per evitare ustioni da ghiaccio).
Dopo aver stabilizzato il paziente, in ospedale, il raffreddamento proseguirà anche in vasca adatta (se disponibile) o con spruzzi di acqua nebulizzata a 15°C su tutto il corpo nudo tenuto all’aria su di una rete dove l’evaporazione sarà ottenuta con dei ventilatori che faranno circolare aria riscaldata a 45°C intorno al corpo. Con questa tecnica, il raffreddamento avviene in meno di un’ora. (TANEN D.)
Si possono utilizzare anche delle coperte refrigerate.
Senza questo tempestivo raffreddamento, la percentuale di decesso è dell’ 80% !
Si interromperà il raffreddamento quando la temperatura corporea sarà scesa sotto i 38,5°C e si riprenderà qualora, la stessa, risalga di nuovo.
A Seconda della gravità del caso (temperatura altissima e sintomi gravi) possono persistere dei postumi neurologici e renali (insufficienza renale post rabdomiolisi) che generalmente interessano circa il 20 % dei sopravvissuti.
Ricorrere a farmaci indicati nel trattamento della febbre risulta inutile e va evitato per la loro tossicità renale o epatica.
Sarà anche fondamentale la reidratazione (da 1 a 2 litri, in assenza di edema polmonare), che, una volta considerate le condizione neurologiche del paziente si farà per via endovenosa con soluzione fisiologica (cloruro di sodio al 0,9%) raffreddata a 4°C, da iniziare in ambulanza e proseguita all’ospedale dove nei casi gravi il paziente viene ricoverato nel reparto di rianimazione, dove saranno monitorati: disidratazione, emogasanalisi, temperatura centrale, pressione arteriosa, elettroliti, Creatinfosfochinasi (CPK), emocromo, coagulazione, funzione renale, funzione epatica.

L’apporto di potassio presente nelle soluzioni poli elettrolitiche si fa solo dopo controllo della kaliemia che può essere elevata per motivo per danno muscolare e renale. L’apporto di glucosio si fa in caso di ipoglicemia, frequente in questi casi.
L’eventuale stato convulsivo sarà trattato con diazepam iniettabile, utilizzato anche in caso di agitazione. Gravi conseguenze come l’iperkaliemia, l’insufficienza renale acuta severa o la coagulazione intravascolare disseminata saranno trattati come da protocolli di rianimazione.
La dimissione ospedaliera avviene dopo ripresa di un autocontrollo della temperatura centrale.

 

COME SI PREVIENE IL COLPO DI CALORE ?

Il colpo di calore si prevenne con il buon senso, come per esempio il non lasciare bambini o anziani in macchine esposte al sole o ancora evitando lavori in ambienti molto caldi (fascia centrale del giorno) o non ventilati.
Una particolare attenzione al colpo di calore, la deve avere lo sportivo, perché fino ad adesso è la categoria la più colpita. I
infatti, impegnato nello sforzo l’atleta tende spesso a sottovalutare le sensazioni spiacevoli che il colpo di calore produce. Invece si dovrebbe fermare all’insorgere dei primi sintomi, mettere in opera tutti i consigli descritti in questo articolo e chiedere l’intervento di terzi o del 118 a seconda della situazione.
Come il meccanismo di eliminazione del calore corporeo in eccesso utilizza principalmente (65%) il principio dell’irraggiamento, occorre spostarsi in ambiente inferiore ai 35°C per cominciare a stare meglio dopo aver percepito i primi sintomi di esaurimento da calore.
L’evaporazione dell’acqua della perspirazione della cute (1 gr di acqua evaporata sulla pelle fa perdere 1 caloria dalla quantità di calore contenuta nel corpo) rappresenta il 30% del raffreddamento fisiologico ma rimane l’unico quando la temperatura ambiente supera i 35°C.

Ma per farlo funzionare occorrono le seguenti condizioni:
La prima condizione è di avere acqua da evaporare.
Quindi dobbiamo bere tanto: più di 2 litri al dì, senza aspettare la sete che è un cattivo indicatore di disidratazione perché è attivata solo quando l’osmolalità plasmatica aumenta dall’1 al 2 %.
In alcune situazioni di grande esposizione al calore, non è raro di bere 5 litri al dì, anche 8 litri nel deserto o durante le corse in montagna d’estate.

Anche se beviamo tanto e regolarmente (ogni 20 minuti) durante l’esposizione, sappiamo che in caso estremo con perdita di 2 litri di acqua all’ora, non arriviamo a compensare totalmente perché l’intestino ha un massimo assorbimento di 1,2 litro di acqua all’ora!

Un’accelerazione dell’assorbimento dell’acqua può essere ottenuto con la presenza di carboidrati a una concentrazione del 6%, invece una concentrazione superiore rallenta l’assorbimento.

Nel caso di consumo di abbondante quantità di acqua è necessario l’aggiunta di 1 cp di un grammo o ¼ di cucchiaino di sale di cucina (spesso presente nelle bevande sportive) per evitare l’iponatremia chi si annunzia con la comparsa di crampi muscolari.
Le compresse di NaCl non devono essere ingerite non sciolte perché irritano lo stomaco, possono causare vomito e non trattano la disidratazione.
Non dimentichiamo che il colpo di calore è la seconda causa di morte nello sport. L’idratazione degli sportivi o dei lavoratori in ambiente caldo e/o umido deve essere monitorata attraverso il controllo del peso corporeo. Nel caso di perdita dal 2 al 3% del loro peso, devono compensare con l’introito di liquidi prima di riprendere l’attività. Nel caso di perdita superiore al 4% devono sospendere l’attività un giorno, compensare la perdita d’acqua e riprendere solo dopo aver controllato che il proprio peso sia rientrato nella norma.
La seconda condizione è avere un basso grado di umidità attorno alla cute, perché se l’aria è saturata in acqua, l’acqua della perspirazione non può evaporare.
La conseguenza è la creazione del sudore che cola lungo il corpo, portando via acqua e sali minerali, purtroppo lasciando le calorie nel corpo!
Questa situazione provoca una disidratazione esponendo il corpo ad un circolo vizioso verso il colpo di calore.
La soluzione è di abbassare l’umidità attorno al corpo, esponendolo, scoperto ad una corrente di aria.
Quindi la traspirazione sarà facilitata dalla cute nuda.

La necessità di portare dei vestiti, ce li farà scegliere leggeri, ampi e traspiranti.
Un buon criterio per valutare le qualità del vestiario, è l’assenza di sudore addosso quando è indossato, ovviamente.
In casa utilizziamo un deumidificatore e i classici ventilatori e all’aperto, cerchiamo posti ventilati come ad esempio, le colline nelle montagne.

La correlazione tra misura dell’umidità e misura della temperatura da un valore chiamato Temperatura del bulbo umido. Questi risultati sono riportati su una tabella molto utilizzata dai militari, industriali e sportivi perché serve da guida ad un’attività consigliata o meno.
Un’altra soluzione complementare consiste a perdere calorie per convezione (per es, in montagna: esporsi ad un vento più freddo) e per conduzione con il contatto diretto con un ambiente di temperatura inferiore a quella del corpo:
– sulla spiaggia, fare il bagno spesso nel mare;
– in montagna fare il bagno dentro il lago, il torrente o stare sotto una cascata;
– in casa fare il bagno o la doccia.

Naturalmente, questo incontro con l’acqua fredda sarà progressivo per evitare l’idrocuzione e sarà solo parziale nel periodo post-prandiale o in caso di consumo di alcol.
In assenza di acqua fredda per fare il bagno, la soluzione è di applicare il ghiaccio sul corpo proteggendo la cute con un lieve pano.
In assenza di ghiaccio naturale, usiamo il ghiaccio chimico, pratico da trasportare nella borsa dello sportivo o del lavoratore.

LISSOWAY J.B. et al. hanno dimostrato che l’applicazione del ghiaccio sulle guance, il palmo delle mani e la pianta dei piedi è più efficace che l’uso classico in posizione inguinale e ascellare.
È ovvio pensare a togliere gli indumenti che impediscono la diffusione del calore prima di effettuare un sforzo fisico (per esempio lo speleologo subacqueo deve togliere la sua tuta di neoprene prima di salire sulle corde all’uscita d’un sifone).
L’intensa sudorazione provocata sotto i vestiti non traspiranti diminuisce il volume plasmatico provocando un esaurimento da calore e un innalzamento della temperatura corporea esponendo l’organismo al colpo di calore.
Non si esce sotto il sole senza cappello, abiti larghi e leggeri di colore bianco o chiaro, che riflettono meglio i raggi del sole rispetto a quelli scuri.
La dieta leggermente più saporita darà la preferenza a frutta fresca e verdura per il loro contenuto di acqua e sali minerali; saranno invece da evitare i cibi grassi che aumentano l’apporto calorico.
Mantenersi ben idratatati prima, durante e dopo l’attività sportiva.
Il consumo di bevande alcoliche e super-alcoliche sarà evitato a pranzo nei giorni di caldo.
L’obeso dovrà iniziare una dieta dimagrante, se non la sta facendo già, perché rischia tre volte di più il colpo di calore.
Il cardiopatico farà una visita cardiologica all’inizio della stagione calda perché, forse gli verrà diminuita la posologia del suo diuretico o aumentata quella del suo betabloccante, per esempio.
Un’attenzione molto accurata deve essere portata ai bambini, ancora di più se soffrono di patologie croniche.
Il bambino piccolo è molto esposto al colpo di calore perché il suo sistema nervoso ed in particolare quello della termoregolazione è ancora immaturo e anche perché la sua superficie corporea, che permette la traspirazione è più ridotta.
Non far uscire un bambino nelle ore più calde (dalle 11 alle 17).

Esporre il bambino al sole diretto solo dopo l’anno di vita e con prudenza con creme solari ad alta protezioni per evitare ustioni.
I raggi solari sono utili per la produzione della vitamina D ma l’esposizione deve essere molto graduale.
La testa dei bambini dovrà essere spesso bagnata, dovranno essere poco coperti con indumenti leggeri, chiari, larghi di cotone o lino.
Aumentare l’apporto idrico e rinfrescare tutto il corpo con una doccia o con un bagno.
Per chi sa di doversi esporre, per sport o per lavoro a queste condizioni climatiche estreme, è consigliato l’acclimatazione progressiva da una a due settimane in un ambiente caldo con 1h a 2 h di esercizio fisico al dì con aumenti di intensità giorno dopo giorno.
L’acclimatazione aumenta la perspirazione e diminuisce il contenuto in elettroliti del sudore e quindi riduce il rischio di sviluppare una patologia da calore.
Come direbbe LA PALISSE la migliore delle prevenzione è non esporsi al caldo, quindi avere aria condizionata nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro… ma non è sempre possibile.

BIBLIOGRAFIA
LISSOWAY J.B. et al. Novel Application of Chemical Cold Packs for Treatment of Exercise-Induced Hyperthermia: A Randomized Controlled Trial. WILDERNESS & ENVIRONMENTAL MEDICINE, 2015; 26: 173–179.
MALLARD M. Secours et Prévention en Spéléologie. 1985, Thése de doctorat en Médecine, Univ. Lille, France.
TANEN D. Heatstroke. Manuale MSD, Professional version, 2017, Kenilworth, USA.
WWW. OSPEDALEBAMBINOGESU.IT

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CURA NATURALE DELLE PUNTURE D’INSETTO NON COMPLICATE

8 Agosto 2019 Blog, Patologie

Dr Michel MALLARD medico-chirurgo omeopata e aroma terapeuta specializzato in Medicina d’Urgenza, con esperienza in Centro Anti-Veleno.
FERMO (FM) Tel : 340 5023405

Troverete in questo articolo rimedi naturali per curare le punture d’insetto non complicate.
Invece, nel caso di reazione locale importante (infezione o dolore) o ancora di reazione sistemica (febbre, mal essere generale), è importante consultare urgentemente un medico per una diagnosi ed una cura adattata ad ogni caso. La persona allergica alle punture d’insetto, per esempio la vespa, deve immediatamente chiamare il 118 per ottenere nei migliori tempi l’aiuto sanitario idoneo alla situazione, anche se è in possesso dell’adrenalina in siringa auto iniettabile.

 

DA CHE INSETTO SEI STATO PUNTO ?

In Italia, tra le punture d’insetto più comuni, troviamo:

di zanzare che provocano un pomfo arrossato e tanto prurito fastidioso, che può durare più giorni, soprattutto se non abbiamo resistito a grattarci.
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In caso di febbre e/o di eruzioni, congiuntivite, dolori articolari e/o muscolari, debolezza muscolare e parestesie, deficit della sensibilità nelle ore e giorni successivi, è consigliato consultare un medico per eliminare un infezione da arbovirus, come la dengue, la Chikungunya, la febbre Zika, trasmesse dalla zanzara tigre (Aedes albopictus) o la Febbre West Nile trasmessa dalla zanzara comune (Culex pipiens).

di pappataci (Phlebotomus) che danno un arrossamento circolare dintorno alle punture, un forte prurito ed in alcuni casi trasmettono la febbre del virus Toscana o ancora la leishmaniosi,
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parassitosi che si manifesta dopo 4 a 8 settimane d’incubazione con ulcerazione cutaneo-mucosa o con manifestazioni viscerali (splenomegalia, piastrinopenia, emorragia, leucopenia,..).
Nel dubbio è utile la visita infettivologica.

di zecche (900 specie raggruppate in 3 famiglie) conosciute per il rischio di trasmissione dello spirochete Borrelia burgdorferi responsabile delle malattia di Lyme o borreliosi. I sintomi sono rash cutaneo eritematoso migrante che può essere seguito da manifestazioni neurologiche, cardiache o articolari.
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Le zecche sono anche in grado di trasmettere all’uomo: la tularemia, la febbre Q, la febbre bottonosa da rickettsiae, l’ehrlichiosi, la babesiosi, la febbre ricorrente da zecche e l’encefalite virale.
Il morso delle zecca non da ne dolori, ne prurito. Ci si accorge solo quando sta succhiando il sangue, e non sempre subito.
Per questo, è consigliato fare una rapida ispezione del corpo dopo aver camminato nell’erba alta o in un bosco.
Il distaccamento delle zecca è facilitato da un piccolo strumento che permette di fare girare l’insetto in senso anti orario fino a quando non avrà lasciato la presa, evitando così che la zecca si rompa; altrimenti il rischio è che la testa rimanga nella cute se si tira violentemente o meno per esempio con l’aiuto dell’etere o di un accendino. La puntura lascia un gonfiore ed una ferita che si copre di una piccola crosta per qualche giorno. Eseguire gli esami di laboratorio solo se compaiono segni o sintomi di infezione.

di formiche, di cui il veleno provoca arrossamento, prurito e gonfiore centrato da una vescica trasparente, nel giro di un’ora. La successiva torbidità del liquido può essere accompagnata da dolore.

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La puntura di formica è caratterizzata da un morso centrale circondato da un cerchio di punture arrossato, perché la formica si ancora poi punge ripetutamente muovendo il suo corpo intorno alla sede del morso. Il veleno della Formica rufa o rossa (Pheidole Megacephala), principalmente rappresentata in Italia nelle Alpi, dove è protetta in Regione Piemonte (L.R. 32/1982), è composto di acido formico e di proteine e possiede delle proprietà emolitiche, citolitiche ed allergiche.
Sono state segnalate convulsioni e neuriti.

di vespe (Vespidae Latreille), api (Apis mellifera) o calabroni (Vespa crabo Linnaeus), più soggetti a provocare reazioni allergiche, anche gravi per i soggetti già sensibilizzati che rischiano lo shock anafilattico.
Gli imenotteri pungono, ogni anno, 5 milioni di italiani, di cui l’ 1% sviluppa una reazione allergica.
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La puntura è dolorosa a causa della melittina (SON D.J. et al.) e provoca arrossamento e pomfo di 3 cm che può persistere una settimana e aumentare di dimensione fino a coinvolgere un’intera estremità .
La presenza del pungiglione uncinato al centro della lesione è più facilmente di una puntura di ape;
le vespe e i calabroni arrivano a pungere più volte perché il loro pungiglione ha pochi uncini e quindi non rimane nella cute.
Il calabrone è più grosso della vespa (fino a 3.5 cm di lunghezza) e la sua puntura inietta una quantità superiore di veleno, quindi è molto più dolorosa e a rischio di reazione sistemica.
Oltre i 10 cm di edema, possiamo già parlare di reazione allergica che giustifica la chiamata al 118 .
Al manifestarsi di sintomi di anafilassi (vomito, rush cutaneo generalizzato, orticaria, gonfiore delle labbra, prurito generalizzato, dolori addominali, stordimento, sensazione di mal essere, dispnea) chiamare immediatamente il 118 e fare l’auto iniezione di adrenalina qualora ne siate in possesso.

di tafani femmina (Tabanus, Haematopota) che, per alimentarsi del sangue dei mammiferi, provocano delle lesioni pruriginose profonde, dolorose e molto infiammatorie (pomfo molto arrossato) ad alto rischio di reazione allergica generale e più difficili da cicatrizzare.

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Visto il morso largo (la cute è letteralmente lacerata dalle loro potenti mandibole) e la presenza di sostanze anticoagulanti nella saliva dei tafani, si osserva spesso una fuoriuscita di sangue quando il tafano si allontana.
Al minimo dubbio di reazione allergica è preferibile recarsi ad un pronto soccorso. Per fortuna, sembra che in Italia, il tafano non trasmetta parassitosi e malattie infettive gravi, come invece accade in altri continenti.

di pulci (trombicula autumnalis) che pungono preferibilmente sulle caviglie e dietro le ginocchia lasciando pomfi o papule rossi e pruriginosi o un grappolo di irritazioni, nel caso di punture molteplici anche dalla stessa pulce.
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Raramente possono indurre una formazione di bolle cutanee.
Sono più frequenti in chi cammina a gambe nude d’estate attraverso l’erba delle campagne o per chi vive in compagnia di animali domestici o nelle vicinanze di allevamenti.

di ragni, che in alcuni casi, possono essere pericolosi.
In Italia, il morso della vedova nera o Malmignatta (Lactrodectus tredecimguttatus) può anche essere mortale. Questo ragno, considerato uno dei ragni più velenosi esistenti, si riconosce per la sua livrea di colore nero lucido con una chiazza rossa a forma di clessidra sulla parte ventrale dell’addome tondeggiante e i punti rossi sul dorso nero.
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Gli esemplari giovani sono di colore grigio-nero, con strisce bianche o gialle e chiazze arancioni. Questa aracnide produce ragnatele di forma irregolare molto resistenti e vive nelle regioni mediterranee, tra boschi e campi di grano, e non si annida dentro le abitazioni. È aggressiva e morde quasi sempre quando è importunata, quindi, vedendola, evitare di avvicinarsi.
Il morso molto doloroso si caratterizza per i due buchi di entrata. I primi sintomi locali provocati dal veleno sono il gonfiore rosso, l’intorpidimento e la rigidità muscolare con crampi, dovuti alla latrotossina, potente veleno neurotossico, che serve ad immobilizzare la preda, cui seguono sintomi sistemici come la sudorazione, i brividi, la nausea, il vomito, l’ipertensione arteriosa, la cefalea, i dolori addominali, la miocardite, la dispnea, la paralisi con tetania poi in sintomi di stato di shock con perdita di coscienza convulsiva e coagulazione intravascolare disseminata da rabdomiolisi con insufficienza renale acuta.
Se si sopravvive, i sintomi gravi scompaiano dopo 3 giorni, mentre quelli lievi dopo settimane.
Quindi subito dopo un tale morso, applicare del ghiaccio e rivolgersi in tempi brevi al pronto soccorso più vicino per ricevere l’iniezione di antidoto.

Un altro ragno velenoso sevizia in Italia: il ragno violino o eremita (Loxosceles rufescens); ragno di colore marrone – giallo verde (come la sabbia) con un disegno nerastro sull’addome e solo 6 occhi al posto di 8 degli altri aracnidi, dalla forma di un violino, con lunghe zampe, vive principalmente nell’area mediterranea ma può essere presente dentro le abitazioni poichè preferisce ambienti riparati.
I suoi morsi indolore, solitamente notturni si sviluppano in qualche ora con un gonfiore, dolore, prurito, necrosi poi ulcerazioni.
Questa progressione della lesione gli da un aspetto caratteristico “a bersaglio”. Anche qui la diffusione del veleno provoca dolori muscolari e sintomi sistemici come nausea, vomito e febbre. In alcuni casi la risposta anti-infiammatoria può generalizzarsi e complicarsi con coagulazione intravascolare disseminata molto grave.

In Italia, abbiamo anche la famosa Tarantola (Lycosa tarentula) che si trova nelle zone centrali e meridionali.
Nel ‘400, nella provincia Pugliese di Taranto, il morso d’un ragno (chiamato come il nome della città: tarantola) era ritenuto responsabile di un sindrome psichiatrica isteriforme (malessere generalizzato, dolori addominali e muscolari, astenia, depressione, prostrazione, catatonia, deliri, trance) che hanno quindi chiamato “tarantismo”. All’epoca l’unica terapia esistente per questa patologia era una danza caratterizzata da movimenti frenetici scandita da una musica incalzante. Ad oggi questa terapia è divenuta un ballo popolare chiamato anche pizzica. Ma questa impressionante Lycosa tarentula, grossa e pelosa, nota anche come ragno lupo, quando ti morde, ti lascia dolore, gonfiore, arrossamento con lieve diminuzione della sensibilità nell’area morsa, eventualmente seguita da una necrosi sul punto del morso, e raramente di sintomi generici, ma non mette in stato di trance!

Quindi il colpevole era verosimilmente la vedova nera se si trattava di un morso di ragno o una sindrome fibromialgica di altra origine, in quanto, all’epoca, non si parlava ancora di neuroinfiammazione.

di scorpione italiano (Euscorpius italicus) che provoca, come nel caso della puntura di vespa: dolore intenso immediato, prurito e gonfiore esteso intorno alla puntura, aumento della temperatura cutanea, formicolio o intorpidimento nella zona colpita, con possibile irradiazione del dolore fino alla radice dell’arto colpito.

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L’episodio acuto dura 3-4 ore e i sintomi nervosi periferici spariscono in 3 giorni.
Le specie presenti in Italia sono relativamente innocue per l’uomo adulto; ma nel caso di sintomi sistemici da neurotossine dello scorpione o da reazione allergica all’istamina del veleno (sudorazione, ansia, agitazione, tachicardia, nausea, dispnea, scialorrea, spasmi e fascicolazioni muscolari) o di morso di un bimbo è più sicuro andare al Pronto Soccorso, con un’ambulanza, tenendo del ghiaccio sulla puntura, senza fare camminare la vittima, mettendo la ferita al livello del cuore o più in basso (per non accelerare la diffusione del veleno).
Lo scorpione italiano è la specie più grande del genere Euscorpius (3 / 5 cm), ha una coda corta e sottile con un pungiglione terminale, il dorso è di colore scuro, il ventre è beige e le zampe sono arancione scuro, ama i luoghi bui, umidi e caldi.
Le troviamo facilmente sotto le pietre o pezzi di rovina. Non esiste un antidoto contro il veleno dello scorpione italiano.

di cimici da letto o da materasso (Cimex lectularius Latreille), insetti ematofagi di forma ovale (piatta e brunastra a digiuno, gonfia e rossastra dopo aver succhiato sangue) attratti di notte dal calore del letto e dall’anidride carbonica esalata.

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Non trasmettono malattie, ma provocano, anche giorni dopo la puntura, generalmente non dolorosa: prurito sulle piccole macchie rosse a grappolo o in serie, con lievi pomfi, centrate da un punto più scuro, dove hanno succhiato il sangue e durano una settimana.
Le zone colpite sonno principalmente mani, braccia, collo e viso. Le reazioni allergiche sistemiche da morso di cimice sono rare, ma devono essere subito trattate al pronto soccorso.
Di giorno si nascondono, perché temono la luce, ma alcune cose posso segnalarci la loro presenza, come:la presenza di macchie fecali, piccole gocce a bordi netti sulle lenzuola o ancora, chiazze bianche che possono essere le uova o ancora pezzi di esuvia del loro rivestimento che cambiano cinque volte durante la loro vita.

di processionaria
È una falena notturna dell’ordine dei lepidotteri e della famiglia delle thaumetopoeidae.
Sulle 40 specie diverse di processionaria, le più diffuse in Italia sono quella del pino (Thaumetopoea pityocampa) e della quercia (Thaumetopoea processionea).

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Allo stadio larvale l’insetto danneggia le piante e causa danni alle persone e animali a sangue caldo, provocando reazioni cutanee ed allergiche. Facilmente riconoscibile perché si spostano in fila indiana lunghe vari metri (o in processione).
Queste larve di 3 a 4 centimetri sono ricoperte d’una peluria particolarmente urticante per proteggersi dagli predatori. Questi peli pericolosi si separano facilmente dal dorso della processionaria e quindi sono presenti sui pini e querce infettati, alle loro base e intorno.
Il vento le sposta su un raggio di 200 metri, il loro potere urticante permane per due anni e hanno una conformazione tale da facilitarne l’aderenza ad abiti, cute e mucose.
L’intensità dei sintomi varia in relazione: alla durata, alla quantità ed al tipo di contatto con i peli del bruco.

La sintomatologia si manifesta sul luogo di contatto:
Nella pelle, dove si infiggono le setole o i loro frammenti, insorge un eritema doloroso e pruriginoso che nell’arco di 24 ore si trasforma in papule con vescicole, bolle da orticaria o macchie rosse isolate che evocano il “fuoco di San Antonio” da Herpes Zoster dal quale dobbiamo fare la diagnosi differenziale.
Sugli occhi, creando una congiuntivite.
Nelle vie respiratorie, provocando starnuti, mal di gola, disfagia e difficoltà respiratoria dovuta a broncospasmo.
Nelle vie digestive se sono stati ingoiati (per esempio con un frutto contaminato e non lavato) dove provocano ipersalivazione, edema delle lingua, infiammazione delle mucose della bocca e dell’esofago, vomito e dolori addominali.
Se siete in compagnia di un cane o a cavallo, questi sono particolarmente esposti a questo rischio, perché l’uno annusa il terreno e l’altro bruca l’erba. Possono presentare delle manifestazione molto gravi come diarrea emorragica o ingrossamento della lingua , tanto da soffocare l’animale.
Nel caso di reazione allergica generale anafilattica (come già descritta sopra nelle punture di vespa), telefonare al 118.

Cosa fare e non fare :
non avvicinarsi alle zone infestate, riconoscibili dalla presenza sulle estremità meridionale dei fusti dei pini o delle querce di nidi visibili da lontano perché voluminosi e bianchi dal colore della seta che le larve hanno prodotto per costruire il nido per affrontare l’inverno.
Un altro segnale della loro presenza sono i fusti spogliati delle loro foglie mangiate dalle larve. Se la vostra escursione attraversa pinete o boschi, informatevi prima di partire presso la gente del posto,
nel caso di abitazioni in vicinanza di una pineta, state attenti prima di stendere la biancheria al sole.
Non toccare le larve, i nidi e la corteccia dei tronchi della zona infestata,
In caso di contatto accidentale (per esempio, all’occasione di un semplice riposo nell’erba d’una zona infestata), non grattarsi, lavare tutto il corpo e i capelli con acqua abbondante poi con sapone, e lavare i panni a temperatura superiore a 60 gradi, maneggiandoli con i guanti.
Lavare accuratamente con guanti la suola della scarpa che ha accidentalmente pestato una larva.
Lavare abbondantemente con dei guanti frutta ed ortaggi provenienti da campi vicini a zone infestate.
Sulla dermatite, prima di curare localmente come indicato più avanti nel capitolo trattamento, si consiglia l’uso “depilatorio” d’una striscia di scotch per asportare parte dei peli delle larve ancorati alla pelle. Non usare ammoniaca, bicarbonato o acido acetico.
Per la congiuntivite si applica un collirio antiinfiammatorio e antisettico, e si consulta un oftalmologo alla persistenza dei sintomi.
Nel caso di contatto con le mucose della bocca e delle vie respiratorie è più prudente di orientarsi verso un pronto soccorso.

 

CHE FARE IN CASO DI PUNTURA D’INSETTO ?

L’identificare l’insetto può essere utile, ma non è sempre possibile e comunque, in caso di sintomi gravi, non deve farci perdere tempo prezioso.
L’ideale sarebbe catturare l’insetto, portarlo al medico del Pronto Soccorso per farglielo identificare e farci dare la terapia giusta, come ad esempio l’antidoto anti vedova nera che ha azzerato la mortalità che toccava il 5 % dei casi prima della sua diffusione.

1. Valutare il rischio
a. Il primo rischio è quello dell’anafilassi in persone allergiche.
Generalmente la reazione anafilattica alle punture d’insetto emerge nell’arco di 5 a 30 minuti. In Italia, ogni anno muoiono tra 10 e 20 persone per shock anafilattico da punture di insetti.
Come descritto sopra, alcuni insetti come gli imenotteri (apidi: api, bombi; vespidi: vespe, calabroni, giacche gialle; formicidi: formiche rosse) sono più a rischio di shock anafilattico, in persone già sensibilizzate, chi di solito portano sempre con loro la siringa di adrenalina termoresistente e si fanno portare con ambulanza medicalizzata verso un Pronto Soccorso, subito dopo la puntura dell’insetto di cui sanno di essere allergici .
Nel caso in cui la persona allergica non sappia di essere allergica agli insetti, si deve comportare allo stesso modo nel caso in cui si manifestino sintomi locali (bruciore, gonfiore, dolore e prurito) e/o generali (orticaria e/o prurito generalizzati, gonfiore delle labbra, angioedema del viso e della gola con respirato corto e dolore alla deglutizione, tosse, senso di malessere intenso con vampate di calore, cefalea, rapido calo della pressione arteriosa (riduzione del 30% o più rispetto a quella abituale), tachicardia o bradicardia, angor in cardiopatico ischemico, ansia con senso di “morte imminente”, confusione, crampi addominali, nausea, vomito, diarrea, incontinenza urinaria, perdita di conoscenza, cianosi). L’attenzione ai i primi sintomi anche lievi non deve essere mai sottovalutata perché per la metà delle persone decedute per anafilassi, era il primo episodio.
Per chi sa di essere allergico alle punture di api, vespe calabroni e formiche rosse (confermata con esame del sangue RAST), conviene farsi fare per 3 anni la desensibilizzazione con dosi di veleno ridottissime che è efficace nel 90% dei casi (BOUSQUET J. et al., KRISHNA M.T. et al.).

b. La seconda urgenza da valutare è il rischio di avvelenamento.
Il veleno contiene delle sostanze allergizzante (proteine) come l’antigen 5 protein dei vespidi, responsabile del prurito, orticaria e reazione anafilattiche; ma anche delle sostanze tossiche che hanno un effetto vasodilatatore responsabile dell’edema e dell’arrossamento o ancora un effetto anticoagulante, come la saliva degli ematofagi.
I veleni possano provocare dolori, lesioni connettivali da enzimi (fosfolipasi, ialuronidasi), neurologiche, citolitiche e emolitiche.
Nei casi gravi, si incontra rabdomiolisi, miocardite e insufficienza renale.
I sintomi di avvelenamento sono specifici del veleno e quindi dell’insetto interessato. Le ho sommariamente descritti sopra nella descrizione di ogni insetto.
La moltiplicazioni delle punture aumenta la quantità di veleno e quindi la gravità dell’intossicazione.
Quando la tossicità del veleno provoca sintomi loco regionali preoccupanti o sistemici, è consigliato contattare al Centro Anti Veleni e/o di rivolgersi al Pronto Soccorso.

c. La terza urgenza da valutare è il rischio infettivo.
Insieme al veleno, l’insetto può trasmettere virus, batteri e parassiti.
Di solito i sintomi dell’infezione arrivano dopo un tempo d’incubazione che varia da qualche ora a qualche giorno, anche settimane per alcuni parassitosi. Purtroppo la ferita creata dall’istinto di grattarsi si infetterà e impiegherà più tempo per guarire.
Alcuni sintomi sono comuni a tanti tipi di infezione come dolore, gonfiore, arrossamento esteso, pus, linfonodi nel territorio loco regionale colpito, febbricola, astenia.
Altri sintomi sono specifici, come descritti sopra per ogni tipo d’insetto.
In caso d’infezione o di dubbio, rivolgersi ad un medico per una diagnosi ed una curata mirata. Nel caso d’infezione virale, trasmessa da puntura d’insetto, non donare il sangue ed utilizzare il profilattico durante i rapporti sessuali (orali, vaginali, anali), perché i virus (come per es. il virus Zeka) si trasmettono anche di questo modo, come anche dalla madre al bambino durante la gravidanza o al momento del parto.

2. Rimuovere l’insetto (zecca) o il pungiglione (ape) e disinfettare
Rimuovere tempestivamente il pungiglione nel caso di puntura da imenotteri, per impedire la diffusione del veleno.
Il raschiamento con un bordo sottile come la lama del coltello, la carta di credito o un’unghia può essere efficace.
Il pungiglione non deve mai essere rimosso tra due dita perché il suo schiacciamento inietta verso la vittima il veleno contenuto!
Nel caso della zecca, rimuoverla come descritto sopra, con un attrezzo speciale.
Detergere la zona con acqua e sapone, poi applicare acqua ossigenata seguita da un disinfettante e coprire la zona colpita con garze o tessuti puliti.
Non grattare per evitare l’amplificazione dei sintomi.
Non succhiare o aspirare la lesione.
L’effetto “venturi” potrebbe aumentare la diffusione capillare e comunque avvelenare la persona che aspira il veleno.
Al massimo, si può mettere un po’ della sua saliva con un dito, sperando che i suoi enzimi come l’amilasi, distruggono il veleno.
Nello stesso scopo di neutralizzare il veleno, si utilizza l’applicazione locale di sostanze basiche (ammoniaca, bicarbonato di sodio).

3. Applicare del ghiaccio

Il ghiaccio locale applicato sopra un panno è un ottimo antinfiammatorio che limiterà l’edema e il dolore.

4. Applicare rimedi naturali a scopo antalgico, antinfiammatorio ed antisettico. (nei casi non complicati)

a. AROMATERAPIA: (BEN DJEMAA F.G. et al., CAMPANINI E., COS S.D. et al., FAUCON M., FESTY D., LEE SY et al., MODARRESI M. et al., MULYANINGSIH S. et al., OLIVA A. et al., SALEM MZM et al., WINSKA K. Et al)

Queste oli essenziali non sono foto sensibilizzanti, ma comunque il morso d’insetto non deve essere esposto al sole.
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Applicare 2 gocce ogni 3 minuti su la puntura fino al suo miglioramento, poi 3 volte al dì fino a guarigione della preparazione :
Olio essenziale Lavanda Aspic 3 gocce
Olio essenziale Menta piperita 1 goccia
Olio essenziale Eucalipto citriodora 2 gocce
Olio essenziale Geranio Rosat 2 gocce
Olio essenziale Tea tree oil 2 gocce
Per precauzione, in caso di gravidanza e sui bimbi al di sotto dei 6 anni, la formulazione è:
Olio essenziale Lavanda Aspic 3 gocce
Olio essenziale Eucalipto citriodora 2 gocce
Olio essenziale Geranio Rosat 2 gocce
Olio essenziale Tea tree oil 2 gocce

In assenza della preparazione, applicare Olio essenziale Lavanda Aspic.

Si può trovare in Farmacia o Parafarmacia, roller dermico lenitivo per punture d’insetti, contentando oli essenziali di Citronella di Java, Citronella di Ceylon, Chiodi di Garafano, Eucalyptus citriodora, Geranio, Lavanda officinalis, Lavandino, Menta piperita, Niaouli, Tea tree. (non da usare in gravidanza e sui bambini al di sotto dei 6 anni).

b. FITOTERAPIA:

Applicare pomata composta di Hypericum perforatum Tintura Madre 5 g e Calendula officinalis Tintura Madre 5 g Eccipiente q.b.100 g tre volte al dì (senza esporsi al sole).
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La Calendula officinalis e l’Iperico (Erba di San Giovanni) hanno un’azione antibatterica, antinfiammatoria e cicatrizzante. In più l’Iperico, considerato l”Arnica dei nervi”, presenta un’azione sedativa sui dolori dovuti alle nevriti sempre presenti nei morsi e punture d’insetti. (CAMPANINI E., LANS C. et al., POMMIER L.)

Con la stessa azione esiste l’oleolito di Iperico e di Calendula che si applica con una garza intrisa.

In assenza coprire la puntura con una triturazione completa o incompleta di Cipolla, Porro, Aglio, Ortica, Basilico, Calendula, foglio di Pomodoro, Lavanda, Parietaria, Piantaggine, Limone, Miele.

O ancora applicare subito una fettina di papaya. I suoi enzimi proteolitici neutralizzarono le proteine dei veleni.

O ancora se avete l’Aloe vera di più di due anni nel giardino, tagliate una punta di una foglia e spalmate il succo secreto sulla puntura.
Ricco di antrachinoni, avrà un’azione antisettica e decongestionante, facilitandone la cicatrizzazione.

c. GEMMOTERAPIA: (nei casi non complicati)
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25 gocce in acqua da bere prima dei 3 pasti di ogni dei questi due gemme derivati: Ribes nigrum (ribes nero) Macerato Glicerico 1 DH e Alnus glutinosa (Ontano nero) Macerato Glicerico 1 DH, per avere un’azione antinfiammatoria sistemica. (ALTINYAY C. et al., BUNIATIAN N.D. et al., CAMPANINI E., DESJARDINS J., MENGHINI L. et al.)

d. OMEOPATIA (nei casi non complicati):
Di fronte al successo, in tutto il mondo, dell’uso terapeutico dell’omeopatia nelle punture d’insetti e allo scetticismo ancora troppo presente verso questa branca della medicina, svilupperò un po’ di più questo capitolo, che secondo la mia esperienza professionale di 30 anni nell’omeopatia merita di essere preso in considerazione.

L’omeopatia consiste nell’utilizzare il principio terapeutico di similitudine enunciato da Ippocrate (Coulter H. I., Del Giudice N. et Del Giudice E., Gibson S. et Gibson R., Hahnemann C.F.S., Reckeweg H.H., Ulman D., Vithoulkas G.).

Ippocrate diceva:
“la stranguria che non è, guarisce la stranguria che è” facendo riferimento al suo uso terapeutico a piccolo dosaggio della cantaride Lytta vesicatoria Fabre (Meloidi) per guarire le cistite con spasmo urinario. L’effetto tossico della tintura madre di questo coleottero era conosciuto nel caso di abuso come rimedio afrodiasico.
L’avvelenamento si manifesta con vomito, contrazioni tonico-cloniche, disuria, bruciore urinario, priapismo, lesioni renali. La sostanza responsabile è la cantaridine.
Dopo questa scoperta, Ippocrate ha applicato questo principio, curando con delle sostanze tossiche a basso dosaggio nel caso di sintomi identici a quelli provocati dal veleno.
Nel “locus in homine” Ippocrate diceva “Per similia adhibita ex morbo sanatur”.
Dal 1790, l’applicazione di questa legge terapeutica di similitudine è stata applicata e studiata su numerosi sostanze dal medico tedesco, chimico, tossicologo, Christian Samuel HAHNEMANN, considerato “il padre dell’omeopatia”. I
I risultati delle sue sperimentazioni tossicologiche sono stato chiamate “patogenesie”.
L’insieme delle patogenesie si chiama “Materia Medica”.

I primi ad aver usato il principio di similitudine terapeutico del veleno d’api furono Esiodo (800 a.C.), Aristofane (444-385 a.C.), Ippocrate (460-377 a.C.) lo chiamava Arcanum, Galeno (129-200 a.C.), Varrone (116-27 a.C.) e Columella (1sec.). A Carlo Magno venne curata una ostinata gotta, con delle punture d’api.
È stato constatato che l’applicazione di apitossine o addirittura la puntura terapeutica della zona infiammata e gonfia d’una articolazione (come nell’artrite reumatoide) produce una riduzione dell’edema e del dolore.
Il Corano (XVI:71) cita : “Dal ventre delle api è prodotta una sostanza che è una medicina per gli uomini”

Quindi per similitudine tra i sintomi di una puntura di ape e quelli delle altre punture d’insetto, è indicato l’uso terapeutica omeopatico di Apis o di Apisinum per curare le punture d’insetto.

apis-mellifica-dr-michel-mallard-omeopataLa prima sperimentazione di uso omeopatico di Apis mellifica è sta fatta dal medico Constantin Hering, nel 1865 (Amerikanische Arznei prufungen) sulla base dell’osservazione di Marcy (1847), medico di New York, di seguito al miglioramento dell’edema da insufficienza renale d’un suo paziente che si era rivolto ad una vecchia indiana della tribù dei Narroganssetts.
La terapia indiana era una polvere di api calcinati al forno! (CHARETTE G.)
La patogenesia di Apis Melleifica viene riportata in tutte le Materie Omeopatiche (ALLEN T.F., BOERICKE W., CHARETTE G., CLARKE J.H., DUPRAT H., GUERMONPREZ M. et al., HAHNEMANN S., HORVILLEUR A., KENT J.T., LATHOUD J.A., VOISIN H.)

Da più d’un secolo, Apis mellifica è classicamente consigliata in caso di edema infiammatorio (DESWARTE D., JOUANNY J., KOLLITSCH P., NASH E.B., PERNOT R., PIGEOT C.-A., POMMIER L., VALLETTE A.E.M., VOISIN H.)
Nel caso di assoluta certezza allergologica dell’assenza di allergia alle punture di imenotteri, si utilizza delle diluzioni dinamizzate con presenza ponderale in piccola quantità d’una tintura madre di una ape intera: APIS MELLIFICA 5 CH o 7 CH o 9 CH (HORVILLEUR A., JOUANNY J., PIGEOT C.-A.,) (o veleno dell’ape come APIUM VIRUS 5 o 7 o 9 CH) da succhiare 3 granuli ogni 5 minuti e diradare in base al miglioramento.
Esistono anche alcune preparazioni omotossicologiche (BIANCHI I., JULIAN O.A.) dove nella stessa formulazione sono presenti in accordo di potenza: Apis mellifica 2 DH, 10 DH, 30 DH, 200 DH, 1000 DH e Apisinum 6 DH, 30 DH (10 gocce sublinguali ogni 2 ore il primo giorno poi 3 volte al dì fino all’assenza di edema).

In presenza di allergia o per prudenza in assenza di informazione contraria, si utilizza un’alta diluzione dove rimane solo il principio energetico del veleno (terapeutico ma non allergizzante):
Diluzione omeopatica d’una tintura madre di una ape intera: APIS MELLIFICA 15 CH (POITEVIN B.) succhiare 3 granuli ogni 5 minuti e diradare in base al miglioramento,
o più specifico la diluzione omeopatica del veleno dell’ape : APIUM VIRUS 15 CH (anche chiamato Apisinum o Bee’s Poison o Bienengift).

Diversi studi scientifici hanno dimostrato l’effetto antinfiammatorio e antiedematoso dell’ape e del veleno d’api diluiti e dinamizzati come utilizzati in omeopatia ed in omotossicologia:
• In vitro con test di de granulazione (POITEVIN B. et al.) o con l’analisi dell’espressione genica (BIGAGLI E. et al.)
• Sull’animale (BETTIO D., BILDET J. et al., CONFORTI A. et al.)
• Sull’uomo (BERREBI A. et al., FRIESE K.H. et al., MICHAUD J., NOLLEVEAUX M.A. et al.)

Nella mia esperienza, l’uso terapeutica omeopatico e omeotossicologico di Apis Mellifica e Apisinum, nelle punture d’insetto e nelle sindromi simili con infiammazione e edema mi hanno sempre dimostrato la loro efficacia.
Sono spesso rimasto colpito per la rapidità della guarigione in particolare difronte all’uso del cortisone che in questo campo mi ha dato meno soddisfazione.

Per evitare di essere punti dalle zanzare e pappataci, vi invito a consultare l’articolo corrispondente nelle news del mio sito “COME EVITARE LE PUNTURE DI ZANZARE E PAPPATACI”.

BIBLIOGRAFIA

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Dr Michel MALLARD

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COME EVITARE LE PUNTURE DI ZANZARE E PAPPATACI

15 Luglio 2019 Blog, News

Dott. Michel MALLARD medico-chirurgo omeopata ed aromaterapeuta
FERMO (AP) Tel . : 3405023405

 

Questa fastidiosa zanzara femmina sa perfettamente come fare per toglierti la pace: dal rumore di notte che ti impedisce di dormire alla puntura con la sua proboscide seghettata e appuntita che da prurito e agitazione e poi alla reazione allergica più o meno estesa alla saliva anestetizzante e anticoagulante, fino all’infezione se non hai resistito a grattarti.

La zanzara è considerata l’animale più letale del mondo per l’uomo!

Infatti il principale problema delle zanzare è la loro capacità di trasmettere direttamente nel sangue numerosi infezioni virali, batteriche e parassitarie.

Abbiamo anche il problema delle punture di pappataci.

I flebotomi o pappataci sono piccoli insetti ematofagi di 2-3 mm di lunghezza, con grandi ali, zampe fini e ricoperte come tutto il corpo di una leggera peluria.
Assomigliano alle zanzare, non solo fisicamente ma anche per le loro abitudini notturne e la loro predilezione per le zone calde e umide.
Molto conosciuta per chi viaggia nei paesi subtropicali è la malaria o paludismo, malattia generata nell’uomo dal protozoo Plasmodium falciparum, trasmessa dalle zanzara del genere Anopheles.

I nostri nonni o bisnonni, se la ricordano, perché è stata eradicata dall’Italia, solo intorno agli anni cinquanta, ed è stato un medico italiano, Giovanni Maria Lancisi ad intuire il coinvolgimento delle zanzare nella sua diffusione.

Ma la prova del nove è stata fatta da Alphonse Laveran per la quale ha ottenuto il Premio Nobel per la Medicina nel 1907.

Oltre la classica malaria, le puntura di zanzare nelle zone tropicale e sub tropicale possono provocare la febbre dengue e le infezioni da virus Chikungunya, TBE, Zika, ma anche trasmettere dei parassiti come la filaria (dirofilaria repens e dirofilaria immitis in Italia, che possono infestare i cani).

Invece il pappataceo o flebotomo (Phlebotomus perniciosus i , in Italia) trasmette la leishmania che colpisce il cane e l’uomo.

Qui in Italia abbiamo una sessantina di specie di Culicidae delle 3000 presenti nel mondo, ma il cambiamento climatico fa sviluppare anche da noi alcune specie di zanzare, assenti fino agli anni novanta;

per esempio: Aedes albopictus, la ormai ben conosciuta e aggressiva zanzara tigre, importata dall’Asia negli anni 90’ e riconoscibile alle sue strisce bianche su fondo nero, che colpisce durante il giorno (ore pomeridiane) al contrario di Culex pipiens, la classica zanzara comune, di colore marroncino che punge dalla sera al mattino presto o ancora di Ochlerotatus caspius, la zanzara detta di “risaia” più frequente nella campagne umide, di colore marrone, leggermente striata, che cerca il sangue solo nelle ore serale.

UN VERO PROBLEMA DI SALUTE PUBBLICA

Queste zanzare sono anche capaci di diffondere in Italia i virus esotici portati dai viaggiatori di ritorno dai paesi tropicali;
per esempio i 200 casi di febbre Chikungunnya in 2007 attraverso le punture di Aedes albopictus d’un viaggiatore di provenienza dall’India o ancora il West Nile virus propagato da Culex pipiens.

Allo stesso modo la dengue è stata trasmessa in Francia nel 2015 e in Spagna nel 2018.

In questi ultimi anni, la scoperta di arbovirosi in Europa, come quella da virus Zika, trasmesse dalle zanzare o ancora il virus Toscana trasmesso dai pappataci e responsabile di meingo-encefalite, ha innescato un piano sanitario di Sorveglianza e controllo delle zanzare autoctone e invasive.

A proposito si può consultare online il “Manual on prevention of establishment and control of mosquitoes of public health importance in the WHO European Region (with special reference to invasive mosquitoes)”, vera e propria guida pratica sul controllo di Culicidi di interesse sanitario.

La strategia per evitare le punture di zanzare e le loro conseguenze è una combinazione di misure, sia al livello pubblico che individuale

Non mi fermerò all’uso di insetticidi chimici di sintesi, perché sono anche tossici su numerosi specie animali compreso i mammiferi.

Quando sono utilizzati per motivo di urgenza di Sanità Pubblica, è fondamentale evitarne la contaminazione degli alimenti, delle persone e e degli animali domestici.

Gli insetticidi chimici di sintesi non hanno specificità e quindi uccidono tutti gli insetti, compressi quelli che si nutrono di larve di zanzare come i coleotteri acquatici carnivori, le cimici d’acqua (notonecta), le larve di libellula e le Chaoboridae.

Lo sviluppo della lotta batteriologica contro le larve di zanzare dovrebbe diminuire il ricorso agli insetticidi chimici.

Questi batteri come Bacillus thuringiensis israelensis, Lysinibacillus sphaericus e Saccharopolyspora spinosa polverizzati nei posti dove può stagnare l’acqua, uccide le larve di zanzare con le loro batteriocine.
Essendo specifica sulle zanzare, questa tossicità non danneggia le altre specie animali, permettendo di usarle vicino le scuole ed altri luoghi pubblici frequentati.

Un altro batterio molto importante nel blocco delle epidemie virale trasmesse dalle zanzare (dengue, chikungunya, Zika) è il batterio Wolbachia presente nel 40% di tutte le specie di insetti e innocuo per l’uomo.
Lo studio in corso consiste a infestare le zanzare Aedes Aegypti con il batterio Wolbachia per blocare la diffusione del virus Zika.

 

EVITARE I RISTAGNI

Non lasciamo i giro contenitori di acqua stagnante dove le zanzare possono deporre le uova permettendo la proliferazione delle larve.
Nel caso in cui si può fare a meno di sotto vasi, l’introduzione di filo di rame renderà l’ambiente ostile allo schiudersi delle uova.
Le uova di Aedes deposti nell’acqua in autunno, resistono anche al secco fino alle prime piogge primaverili.

L’acqua deve essere abbastanza sporca di detriti vegetali e microorganismi per nutrire le larve, quindi la vostra piscina non è un luogo a rischio, è troppo pulita per permettere lo sviluppo delle larve di zanzare;
invece l’acqua salata delle lagune vicino al mare non le ferma!

 

I MEZZI MECCANICI

Dall’Egitto dei Faraoni, il più antico ed molto efficace mezzo è la zanzariera che evita proprio di entrare in contatto con le zanzare e i pappataci a l’interno delle abitazioni.
E anche d’aiuto il ventilatore, che rende difficile la localizzazione delle prede, in quanto, muovendo l’aria, crea un mescolamento degli odori.

I ciclisti e i corridori non sono punti dalle zanzare perché il loro volo non supera i 3,2 km/h di velocità.

E meglio vestirsi di bianco o con colori chiarissimi: gli insetti che pungono preferiscono i colori scuri.

Sconsiglio il fulminatore elettrico con lampada UV che attira gli insetti, perché uccide tutti gli insetti tranne le zanzare (1 per 100), perché sono attirati più dall’odore del nostro sudore e dal contenuto dell’aria espirato che dalla lampada elettrica blu.

 

I REPELLENTI A BASE DI OLI ESSENZIALI

D’estate, la sera, è piacevole fare cena all’aperto proprio quando il rischio di essere punti è massimo!
Allora la soluzione è il repellente che si spalma o si polverizza sulle parti scoperte della cute ogni 2 ore per dissuadere questi insetti a prenderci come prede.

Per evitare l’intossicazione da prodotti chimici, la mia scelta ricade sui prodotti naturali aromatici: gli oli essenziali che hanno un odore forte e sgradevole per le zanzare.

A proposito di odori, è meglio evitare profumi e dopobarba che abbiano profumo di fiori poiché sono molto graditi a loro.

Di seguito trovate due soluzioni, una spray in soluzione alcoolica da spruzzare sulle parte scoperte e sui i vestiti leggeri che possono essere attraversati dalla puntura dell’insetto e un’altra in soluzione oleosa da spalmare sulla cute.
La seconda è un po’ più efficace, perché gli oli scelti per sciogliere gli oli essenziali sono anche repellenti.
La soluzione alcoolica può anche essere spruzzata nell’aria, direttamente su tende ed indumenti o con l’aiuto di un diffusore di aromi.

Per precauzione, queste due formule non sono da usare in gravidanza e sui i bambini al di sotto dei 6 anni di età.
Dopo il terzo mese di gravidanza e per i bimbi al di sotto dei 6 anni, si può usare come olio essenziale repulsivo delle zanzare: l’O.E. Eucalyptus citriodora.

Sono da usare all’ombra o la sera (ora di predilezione dell’attacco da zanzare e pappataci), per evitare reazioni foto sensibilizzanti al sole.
Si consiglia di non superare le 3 applicazioni al giorno.
Alcuni composti naturali di questi oli essenziali possono essere a rischio di allergie in soggetti sensibili; come regola generale, fare sempre un test allergenico sul gomito, più ore prima di utilizzarlo.

 

PREPARAZIONE OLEOSA REPELLENTE E INSETTICIDA DI OLI ESSENZIALI

Olio Essenziale di Cryptomeria japonica (Cedro rosso del Giappone) 0.5 ml
Olio Essenziale di Cymbopogon winterianus (Citronnella di Java) 1 ml
Olio Essenziale di Pelargonium graveolens (Geranio Bourbon) 1 ml
Olio Essenziale di Lavandula angustifolia (Lavanda Fine) 1 ml
Olio Essenziale di Pimenta racemosa (Legno d’India ct girofle) 0.5 ml
Olio Vegetale di Carapa guianensis Aubl. (Andiroba) 20 ml
Olio Vegetale di Azadirachta indica (Neem)* 12 ml
Olio Vegetale di Calophyllum inophyllum (Tamanu) 24 ml
Olio Vegetale di Albicocco 144 ml

*L’olio di Neem, ricavato dai semi di Azadirachta indica, originario dell’India, è più efficace che il dietiltoluamide (DEET), secondo il National Institute of Malaria Research of India.

 

 

PREPARAZIONE REPELLENTE E INSETTICIDA IN SPRAY DI OLI ESSENZIALI

Olio Essenziale di Cryptomeria (Cedro rosso del Giappone) 0.5 ml
Olio Essenziale di Cymbopogon winterianus (Citronnella di Java) 2.5 ml
Olio Essenziale di Pelargonium graveolens (Geranio Bourbon) 2 ml
Alcool Etilico a 70° o vodka 200 ml

 

ALTRI REPELLENTI

sono molto utili le candele alla citronella, i braccialetti antizanzara e i vasi di fiori alle finestre (gerani, citronella, lavanda, menta, rosmarino, cedronella canariensis, melissa, calendula, timo, basilico, eucalipto, calendula).

Alla finestra, si possono anche posizionare dentro delle ciotole altri repellenti della nonna: fette di cipolla e chiodi di garofano o ancora, aceto di vino e fette di limone.

Per chi ha un giardino, si consiglia di piantare la Catambra, pianta della famiglia delle bignogniacee, particolarmente ricca in catalpolo, potente repellente anti zanzare.

Si può anche sfregare la cute direttamente con delle foglie di piante repellenti come : la salvia, l’artemisia, la lavanda, l’assenzio, il bergamoto, la comptomia e l’ananas, ma l’effetto dura solo un’ora.

 

PESCI , RANE E RAGNI

I fortunati possessori di giardino possono anche mettere una vasca con fontana abitata da pesci rossi o di gambusie ghiotti di uova e larve, ma anche di rane.

Questa soluzione ecologica è stata usata spesso per limitare la diffusione della malaria in molte zone paludose del mondo, anche in Italia negli anni 20.
Se le zanzare non sano state consumate nella vasca, ci penseranno i ragni delle paludi, i Dolomedes cacciatori notturni sia alla superficie dell’acqua che sulla terra d’intorno o ancora la Lycosa tarantula pugliese.
Se questi predatori di terra non le hanno fermate, saranno altri ragni che le intrappoleranno nelle loro rete sospese in aria, sia sulle piante che nelle abitazioni.

 

PIPISTRELLI

Si mette una bat-box a 4 m di terra a una pianta della zona tranquilla e non illuminata del giardino, verso aprile, quando il pipistrello esce dal letargo.
Basta che la casetta gli piaccia, poi penserà lui a prepararsi le sue cene a base di zanzare.

 

TRAPPOLE PER ZANZARE

Il principio è di attirare le zanzare con l’anidride carbonica.
La strutture della trappola può essere una bottiglia di plastica tagliata in due, con la parte superiore capovolta sulla parte inferiore.
La fabbricazione del CO2 sarà una soluzione di zucchero nell’acqua calda, completata di lievito di birra quando la soluzione è raffreddata.
La reazione biochimica produce CO2 che attira le zanzare nella bottiglia rivestita di scuro per impedire loro di uscire.

 

OMEOPATIA PREVENTIVA

Ledum palustre 5 CH (Rodendodron tomento sum) 3 granuli sublinguali tre volte al dì, rende l’odore del nostro sudore sgradevole per le zanzare.

UNA CURIOSITÀ DA CONFERMARE: LO ZINCO

Non attiriamo ugualmente le zanzare.
Secondo Jerry Butler, dell’Università della Florida, solo una persona su dieci, è particolarmente suscettibile all’azione delle zanzare.
Perché alcuni persone non sono punte?
Sembra che la carenza di zinco faciliterebbe l’attacco delle zanzare!
Ancora tutto da provare.
Comunque si può fare il dosaggio serico ed integrarlo con prescrizione medica in caso di bisogno.

I GRUPPI SANGUINI

L’uomo avrà anche imparato a proteggersi delle punture attraverso il suo periplo dalle sue origine: le mutazioni hanno permesso all’uomo di essere meno punto dalle zanzare.
Le persone caratterizzate dal gruppo sanguigno O (primo gruppo sanguigno a comparire sulla terra) vengono attaccate 50% di più di quelle del gruppo A, mentre quelli del gruppo B non interessano i culicidi.

COMPOSIZIONE METABOLICA DEL SANGUE

Le zanzare preferiscono alte concentrazioni nel sangue di colesterolo, trigliceridi, acido lattico e acido urico.

MODIFICARE L’APPETITO DELLE ZANZARE

Leslie B. Vosshall et all. della Rockfeller University New York hanno dimostrato che le zanzare Aedes aegypti sono stimolate a pungere quando il sudore dell’uomo contiene il neuro peptide Y (NPY), un neuro mediatore potentissimo induttore del senso di fame.
Invece i fattori anoressizzanti come la leptina ha anche un effetto sopressivo dell’appetito degli insetti.
Studiando sulle specie Culicidae i recettori di questi neurotrasmettori, sono riusciti ad evidenziare il NPY-like receptor 7 e le molecole in grado di bloccarlo.

Solo 6 molecole bloccano l’appetito delle zanzare:

sono i 6 farmaci usati nel trattamento dell’obesità umana per il controllo neuroendocrino dello stimolo dell’appetito.
L’applicazione di queste molecole sarebbe stato un enorme strage sulla salute pubblica.
Proseguendo queste ricerche, nel 2017 Laura Duvall è riuscita ad isolare un unico composto anti-fame riconosciuto dai recettori NPYLR7 delle zanzare ma non dai nostri omologhi umani: il composto 18.
Aspettiamo la fine dei test di innocuità per la sua messa a disposizione sul mercato.

 

UN REPELLENTE CHE SI CONSUMA

Dall’origine dell’umanità, le punture di insetti sono stati un problema.
I Maya consumavano quantità importante di peperoncino (ricco di vitamina B e C) per tenere lontano le zanzare.
Per lo stesso motivo l’aglio, che contiene l’allicina (repellente riconosciuto) è consumato da secoli.

La tiamina o vitamina B1 secreta anche nel sudore (perché idrosolubile) ha un odore impercettibile all’uomo che allontana le zanzare.
Introdotta dall’alimentazione, la vitamina B1 si trova naturalmente nei cereali integrali, nel lievito di birra, nel fegato, negli asparagi, nei cavoli e nell’uova.
Attento all’alcol che ne diminuisce l’assorbimento!
Aiuterebbe anche la vitamina C, presente negli agrumi, kiwi, lamponi, more e peperoni.

 

EVITARE IL CONSUMO ECCESSIVO DI BIRRA

Nonostante il suo lievito ricco di B1, la birra piace alle zanzare;
nel senso che i bevitori di 1 litro di birra hanno un odore di alcol dell’aria espirato ed una sudorazione peculiare gradevole ai ditteri Anopheles gambie (Centro di Ricerca IRD di Montpellier) e meno riflessi per difendersi.

Spero troverete utili i miei consigli e le sue applicazioni…

Se doveste avere dei suggerimenti naturali, efficaci, che non ho menzionato, scrivetemeli pure nei commenti!

Dott. Michel Mallard

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L’OZONOTERAPIA NELLA CURA DELLA FIBROMIALGIA – Revisione Sistematica

23 Maggio 2019 Blog, Patologie
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combattere-influenza-con-aromaterapia-dott-michel-mallard

ATTIVITA ANTI-INFLUENZALE DELL’AROMATERAPIA

12 Gennaio 2019 Blog, News

Dott. Michel MALLARD medico-chirurgo aromaterapeuta
Tel. 340.5023405

L’aromaterapia è usata da tanti secoli da numerosi medici del pianeta, in particolare per le proprietà anti batteriche e antivirali di diversi oli essenziali.

In caso di epidemia influenzale, oltre le classiche e fondamentali raccomandazioni igieniche, l’aromaterapia è un’arma efficace sia preventiva che curativa.

L’hanno dimostrato scientificamente diversi laboratori di ricerca in microbiologia e immunologia, insieme ai studi clinici :

Selvarini Vimalanathan e James Hudson del Dipartimento di Patologia Medica dell’Università de Vancouver, Canada, hanno evidenziato che, in fase di vapore Citrus bergamia, eucalipto globulo e i composti isolati citronellolo ed eugenolo erano molto attivi contro il virus dell’influenza a seguito di esposizioni di soli 10 minuti.

Pelargonium graveolens,Cinnamomum zeylanicum, Cymbopogon flexuosus erano essi stessi molto attivi con 30 minuti di esposizione.

Allo stato liquido, Cinnamomum zeylanicum, Citrus bergamia, Cymbopogon flexuosus e Thymus vulgaris hanno un’attività inibitoria al 100% a concentrazione di 3,1 microlitri / ml.
In queste condizioni i vapori non hanno mostrato effetti avversi sulle cellule epiteliali.
Questo suggerisce che questi oli, allo stato di vapore potrebbero essere potenzialmente utili nella terapia influenzale.

L’effetto antivirale proviene dall’inibizione dell’attività dell’emoagglutina (HA), proteine di superficie del virus dell’influenza.

Shuhua Wu del Reparto di Pneumologia dell’Ospedale della Soochow University (Suzhou,Jiangsu, PR China), Krupa B Patel, Leland J Booth, Jordan P Metcalf e Wenxin Wu del Reparto di Pneumologia della Facoltà di Medicine dell’Università di Oklahoma City (USA) e , Hsueh-Kung Lin del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Oklahoma City (USA) in collaborazione con il Dipartimento di Microbiologia ed Immunologia dell’Università di Oklahoma City (USA), hanno dimostrato che l’infettività del virus dell’influenza PR8 in vitro è soppressa dal trattamento con olio essenziale in modo dose-dipendente, attraverso l’inibizione dell’attività delle proteine virale NP e NS1.

A. Garozzo ,R. Timpanaro , B. Bisignano , P.M. Furneri , G. Bisignano e A. Castro del Dipartamento di Microbiologia e Scienze Ginecologiche dell’Univerità di Catania (Italia) hanno scoperto che l’attività antivirale nei confronti del virus dell’influenza PR8 dell’olio essenziale di Melaleuca alternifolia è principalmente attribuita a un componente specifico : il terpinen-4-olo.

Erhardt C. et al. hanno dimostrato che un estratto ricco di polifenoli (CYSTUS052) proveniente dalla pianta mediterranea Cistus incanus esercita una potente attività anti-influenza nelle colture cellulari A549 o MDCK infettate con prototipi di ceppi di influenza aviaria e umana di diversi sottotipi.

Alla dose efficace di 50 microg / ml l’estratto non mostra evidenti effetti nocivi sulla vitalità cellulare, sul metabolismo o sulla proliferazione, che è coerente con il fatto che questi estratti di piante sono già usati nella medicina tradizionale nell’Europa meridionale per secoli senza alcuna complicanza riportata.

I virus non hanno sviluppato resistenza a CYSTUS052 rispetto all’amantadina che ha portato alla generazione di varianti resistenti dopo solo pochi passaggi. A livello molecolare, l’effetto protettivo di CYSTUS052 sembra essere principalmente dovuto al legame dei componenti polimerici polifenoli dell’estratto alla superficie del virus, inibendo così il legame dell’emoagglutinina ai recettori cellulari.

Hayashi K. et al. hanno scoperto che la trans-cinnamaldeide, uno dei principali costituenti dell’olio essenziale dalla corteccia di Cinnamomi inibisce la crescita del virus dell’influenza PR8 in vitro e in vivo, attraverso l’inibizione dell’adesione delle proteine virale ai recettori cellulari.

La mancanza di tossicità e la potente attività inibitoria virale suggeriscono che l’aromaterapia può essere utile come possibile terapia antivirale per il controllo e il trattamento dell’infezione da virus dell’influenza.

 

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OSSIGENO-OZONOTERAPIA: applicazioni terapeutiche

27 Novembre 2018 Blog, News

Dott. Michel MALLARD medico-chirurgo esperto in ossigeno-ozonoterapia
Fermo (FM) Tel : 340 5023405

Estratto principalmente dalla Consensus Conference del 3 febbraio 2018 tenuta a Roma dalla Nuova F.I.O. : “Linee guida e buone pratiche in ossigeno-ozonoterapia”.

Le patologie sensibili al trattamento con ossigeno-ozono possono essere classificate in tre categorie secondo la Medicina Basata sulle Evidenze (EBM) 1 2 3 4 5 :

Evidenza di tipo A:

basata su revisioni sistematiche con trials controllati randomizzati o revisioni sistematiche con omogeneità di studi di coorte oppure revisioni sistematiche con omogeneità di studi caso-controllo .

  • Malattie della colonna vertebrale : discopatie, protrusioni discali, ernia discale, sindrome delle faccette articolari.⁷ ¹⁰ ‾ ³⁴ ⁵³ ⁵⁴ ⁵⁵ ⁶³ ⁷⁹ ⁸³ ⁸⁴ ⁸⁵ ⁹⁰ ¹⁶⁸ ¹⁶⁹ ¹⁷⁰
  • Malattie del ginocchio : gonartrosi e condromalacia rotulea.⁸ ⁹ ³⁵ ³⁶ ¹⁰⁵

Evidenza di tipo B:

basata su trials controllati randomizzati individuali o studi di coorte oppure studi di caso-controllo. ³⁷

  • Patologie ortopediche: tendinopatie, osteoartrite localizzata, sindromi canalicolari degli arti.⁶ ⁸⁰ ⁸⁵ ⁸⁹ ⁹⁰ ⁹⁴ ¹⁴⁷ ¹⁶⁵
  • Ulcere cutanee⁴⁸ ⁵⁶ ⁸⁸ ⁹³ ¹⁴⁰ ¹⁴² ¹⁶³ e ustioni ⁹⁷.
  • Piede diabetico.³⁸ ⁴³ ⁴⁵ ⁸⁶ ¹⁵⁹
  • Malattie infettive cutaneo-mucose acute o croniche causate da batteri, virus e funghi.⁴⁹ ⁵⁰ ⁵² ⁵⁸ ⁵⁹ ⁶⁰ ⁸² ⁸⁸ ¹³⁸
  • Ischemia degli arti.⁴⁴ ⁴⁶ ⁴⁷ ⁸⁶ ⁹² ⁹³
  • Ipoacusia improvvisa neurosensoriale. ⁴⁰

Evidenza di tipo C:

basata su opinioni di esperti senza valutazioni critiche esplicite, o su case report o su la fisiologia o le ricerche di laboratorio oppure sull’epidemiologia descrittiva. ⁵ ⁶⁹ ⁸⁶ ¹⁰⁶ ¹⁰⁷ ¹¹⁰ ¹¹⁷ ¹¹⁸ ¹²³ ¹⁴⁵ ¹⁴⁶ ¹⁵² ¹⁵³ ¹⁵⁵ ¹⁶⁰ ¹⁷³

  • Oncologia. L’ozonoterapia, associata alla terapia convenzionale, può diminuire gli effetti collaterali della terapia oncologica, accelerare e migliorare i risultati. Pertanto, l’ossigeno-ozono è da considerarsi terapia di supporto. ¹⁰⁸ ¹⁰⁹ ¹¹¹ ¹¹³ ¹¹⁴ ¹¹⁵ ¹¹⁶ ¹²⁰ ¹²¹ ¹²² ¹²⁴ ¹²⁵ ¹²⁸ ¹²⁹ ¹³⁰ ¹³¹ ¹³² ¹³³ ¹³⁴ ¹⁴³ ¹⁴⁸ ¹⁴⁹ ¹⁵⁰ ¹⁶⁷
  • Sepsi grave e disfunzione multi organo.³⁹ ⁵¹ ¹⁵⁴
  • Urologia:
  • Infezioni delle vie urinarie. ⁴¹ ¹³⁶
  • Cistite interstiziale. ¹⁰³
  • Iperplasia Benigna della Prostata.¹⁰⁴
  • Insufficienza renale.¹⁶⁶
  • Ginecologia: Vaginite. ⁵⁹
  • O.R.L.:
  • Otite media acuta e cronica. ⁶⁰ ⁶¹
  • Acufeni. ⁷¹
  • Terapia del dolore: Sindromi dolorose quali emicrania e fibromialgia.⁷⁶ ⁷⁸ ⁸⁶ ⁸⁹ ⁹⁰ ⁹³ ⁹⁴
  • Patologie croniche degenerative con stress ossidativo. ⁸⁶ ¹³⁵ ¹⁵⁸ ¹⁵⁹ ¹⁶¹
  • Diabete.³⁸ ⁴³ ⁴⁵ ¹⁴⁰ ¹⁵⁸ ¹⁵⁹ ¹⁶¹ ¹⁶²
  • Malattie autoimmuni ⁹¹: sclerosi multipla ¹⁴⁴, artrite reumatoide ⁶⁶ ⁸⁵, malattie infiammatorie croniche intestinali, sindrome di Raynaud, psoriasi ⁹⁵.
  • Deficit in Immunoglobuline A ¹⁷²
  • Epato Gastro Enterologia:
  • Malattie del fegato⁹⁴ ⁹⁹ : epatite A¹⁰¹, B¹⁶⁴, C. ¹⁰⁰
  • Malattia infiammatoria cronica dell’intestino. ⁶⁷
  • Aterosclerosi e ischemia distrettuale. ⁸⁶ ⁹² ⁹³ ⁹⁴ ⁹⁸ ¹⁰² ¹¹² ¹¹⁹ ¹⁴¹ ¹⁵⁶ ¹⁵⁹
  • Oftalmologia ⁶⁸ : retinopatia diabetica, degenerazione maculare senile ⁸⁷ ⁹² ⁹⁴ ¹²⁶, retinite pigmentosa, glaucoma cronico.
  • Neurologia:
  • Demenza senile, malattia di Alzheimer.⁷⁰ ⁷⁵ ⁹⁴
  • Sindrome da fatica cronica. ⁷² ⁹³
  • sclerosi multipla ¹⁴⁴
  • Ictus cerebrale
  • Malattie polmonari quali enfisema, fibrosi polmonare, sindrome da distress respiratorio acuto, BPCO, Asma bronchiale.⁶² ¹⁵¹
  • Patologie ortopediche:
  • Neuroma di Morton. ⁸¹
  • Sindrome del Tunnel Carpale. ⁸⁵ ¹³⁷
  • Osteonecrosi ¹²⁷, osteomielite protesica ¹³⁹
  • Cellulite: Panniculopatia edemato-fibrosa .⁵⁷ ⁹² ⁹³ ⁹⁶
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