Dr Michel MALLARD medico-chirurgo omeopata e aroma terapeuta specializzato in Medicina d’Urgenza, con esperienza in Centro Anti-Veleno.
FERMO (FM) Tel : 340 5023405
Troverete in questo articolo rimedi naturali per curare le punture d’insetto non complicate.
Invece, nel caso di reazione locale importante (infezione o dolore) o ancora di reazione sistemica (febbre, mal essere generale), è importante consultare urgentemente un medico per una diagnosi ed una cura adattata ad ogni caso. La persona allergica alle punture d’insetto, per esempio la vespa, deve immediatamente chiamare il 118 per ottenere nei migliori tempi l’aiuto sanitario idoneo alla situazione, anche se è in possesso dell’adrenalina in siringa auto iniettabile.
DA CHE INSETTO SEI STATO PUNTO ?
In Italia, tra le punture d’insetto più comuni, troviamo:
• di zanzare che provocano un pomfo arrossato e tanto prurito fastidioso, che può durare più giorni, soprattutto se non abbiamo resistito a grattarci.
In caso di febbre e/o di eruzioni, congiuntivite, dolori articolari e/o muscolari, debolezza muscolare e parestesie, deficit della sensibilità nelle ore e giorni successivi, è consigliato consultare un medico per eliminare un infezione da arbovirus, come la dengue, la Chikungunya, la febbre Zika, trasmesse dalla zanzara tigre (Aedes albopictus) o la Febbre West Nile trasmessa dalla zanzara comune (Culex pipiens).
• di pappataci (Phlebotomus) che danno un arrossamento circolare dintorno alle punture, un forte prurito ed in alcuni casi trasmettono la febbre del virus Toscana o ancora la leishmaniosi,
parassitosi che si manifesta dopo 4 a 8 settimane d’incubazione con ulcerazione cutaneo-mucosa o con manifestazioni viscerali (splenomegalia, piastrinopenia, emorragia, leucopenia,..).
Nel dubbio è utile la visita infettivologica.
• di zecche (900 specie raggruppate in 3 famiglie) conosciute per il rischio di trasmissione dello spirochete Borrelia burgdorferi responsabile delle malattia di Lyme o borreliosi. I sintomi sono rash cutaneo eritematoso migrante che può essere seguito da manifestazioni neurologiche, cardiache o articolari.
Le zecche sono anche in grado di trasmettere all’uomo: la tularemia, la febbre Q, la febbre bottonosa da rickettsiae, l’ehrlichiosi, la babesiosi, la febbre ricorrente da zecche e l’encefalite virale.
Il morso delle zecca non da ne dolori, ne prurito. Ci si accorge solo quando sta succhiando il sangue, e non sempre subito.
Per questo, è consigliato fare una rapida ispezione del corpo dopo aver camminato nell’erba alta o in un bosco.
Il distaccamento delle zecca è facilitato da un piccolo strumento che permette di fare girare l’insetto in senso anti orario fino a quando non avrà lasciato la presa, evitando così che la zecca si rompa; altrimenti il rischio è che la testa rimanga nella cute se si tira violentemente o meno per esempio con l’aiuto dell’etere o di un accendino. La puntura lascia un gonfiore ed una ferita che si copre di una piccola crosta per qualche giorno. Eseguire gli esami di laboratorio solo se compaiono segni o sintomi di infezione.
• di formiche, di cui il veleno provoca arrossamento, prurito e gonfiore centrato da una vescica trasparente, nel giro di un’ora. La successiva torbidità del liquido può essere accompagnata da dolore.
La puntura di formica è caratterizzata da un morso centrale circondato da un cerchio di punture arrossato, perché la formica si ancora poi punge ripetutamente muovendo il suo corpo intorno alla sede del morso. Il veleno della Formica rufa o rossa (Pheidole Megacephala), principalmente rappresentata in Italia nelle Alpi, dove è protetta in Regione Piemonte (L.R. 32/1982), è composto di acido formico e di proteine e possiede delle proprietà emolitiche, citolitiche ed allergiche.
Sono state segnalate convulsioni e neuriti.
• di vespe (Vespidae Latreille), api (Apis mellifera) o calabroni (Vespa crabo Linnaeus), più soggetti a provocare reazioni allergiche, anche gravi per i soggetti già sensibilizzati che rischiano lo shock anafilattico.
Gli imenotteri pungono, ogni anno, 5 milioni di italiani, di cui l’ 1% sviluppa una reazione allergica.
La puntura è dolorosa a causa della melittina (SON D.J. et al.) e provoca arrossamento e pomfo di 3 cm che può persistere una settimana e aumentare di dimensione fino a coinvolgere un’intera estremità .
La presenza del pungiglione uncinato al centro della lesione è più facilmente di una puntura di ape;
le vespe e i calabroni arrivano a pungere più volte perché il loro pungiglione ha pochi uncini e quindi non rimane nella cute.
Il calabrone è più grosso della vespa (fino a 3.5 cm di lunghezza) e la sua puntura inietta una quantità superiore di veleno, quindi è molto più dolorosa e a rischio di reazione sistemica.
Oltre i 10 cm di edema, possiamo già parlare di reazione allergica che giustifica la chiamata al 118 .
Al manifestarsi di sintomi di anafilassi (vomito, rush cutaneo generalizzato, orticaria, gonfiore delle labbra, prurito generalizzato, dolori addominali, stordimento, sensazione di mal essere, dispnea) chiamare immediatamente il 118 e fare l’auto iniezione di adrenalina qualora ne siate in possesso.
• di tafani femmina (Tabanus, Haematopota) che, per alimentarsi del sangue dei mammiferi, provocano delle lesioni pruriginose profonde, dolorose e molto infiammatorie (pomfo molto arrossato) ad alto rischio di reazione allergica generale e più difficili da cicatrizzare.
Visto il morso largo (la cute è letteralmente lacerata dalle loro potenti mandibole) e la presenza di sostanze anticoagulanti nella saliva dei tafani, si osserva spesso una fuoriuscita di sangue quando il tafano si allontana.
Al minimo dubbio di reazione allergica è preferibile recarsi ad un pronto soccorso. Per fortuna, sembra che in Italia, il tafano non trasmetta parassitosi e malattie infettive gravi, come invece accade in altri continenti.
• di pulci (trombicula autumnalis) che pungono preferibilmente sulle caviglie e dietro le ginocchia lasciando pomfi o papule rossi e pruriginosi o un grappolo di irritazioni, nel caso di punture molteplici anche dalla stessa pulce.
Raramente possono indurre una formazione di bolle cutanee.
Sono più frequenti in chi cammina a gambe nude d’estate attraverso l’erba delle campagne o per chi vive in compagnia di animali domestici o nelle vicinanze di allevamenti.
• di ragni, che in alcuni casi, possono essere pericolosi.
In Italia, il morso della vedova nera o Malmignatta (Lactrodectus tredecimguttatus) può anche essere mortale. Questo ragno, considerato uno dei ragni più velenosi esistenti, si riconosce per la sua livrea di colore nero lucido con una chiazza rossa a forma di clessidra sulla parte ventrale dell’addome tondeggiante e i punti rossi sul dorso nero.
Gli esemplari giovani sono di colore grigio-nero, con strisce bianche o gialle e chiazze arancioni. Questa aracnide produce ragnatele di forma irregolare molto resistenti e vive nelle regioni mediterranee, tra boschi e campi di grano, e non si annida dentro le abitazioni. È aggressiva e morde quasi sempre quando è importunata, quindi, vedendola, evitare di avvicinarsi.
Il morso molto doloroso si caratterizza per i due buchi di entrata. I primi sintomi locali provocati dal veleno sono il gonfiore rosso, l’intorpidimento e la rigidità muscolare con crampi, dovuti alla latrotossina, potente veleno neurotossico, che serve ad immobilizzare la preda, cui seguono sintomi sistemici come la sudorazione, i brividi, la nausea, il vomito, l’ipertensione arteriosa, la cefalea, i dolori addominali, la miocardite, la dispnea, la paralisi con tetania poi in sintomi di stato di shock con perdita di coscienza convulsiva e coagulazione intravascolare disseminata da rabdomiolisi con insufficienza renale acuta.
Se si sopravvive, i sintomi gravi scompaiano dopo 3 giorni, mentre quelli lievi dopo settimane.
Quindi subito dopo un tale morso, applicare del ghiaccio e rivolgersi in tempi brevi al pronto soccorso più vicino per ricevere l’iniezione di antidoto.
Un altro ragno velenoso sevizia in Italia: il ragno violino o eremita (Loxosceles rufescens); ragno di colore marrone – giallo verde (come la sabbia) con un disegno nerastro sull’addome e solo 6 occhi al posto di 8 degli altri aracnidi, dalla forma di un violino, con lunghe zampe, vive principalmente nell’area mediterranea ma può essere presente dentro le abitazioni poichè preferisce ambienti riparati.
I suoi morsi indolore, solitamente notturni si sviluppano in qualche ora con un gonfiore, dolore, prurito, necrosi poi ulcerazioni.
Questa progressione della lesione gli da un aspetto caratteristico “a bersaglio”. Anche qui la diffusione del veleno provoca dolori muscolari e sintomi sistemici come nausea, vomito e febbre. In alcuni casi la risposta anti-infiammatoria può generalizzarsi e complicarsi con coagulazione intravascolare disseminata molto grave.
In Italia, abbiamo anche la famosa Tarantola (Lycosa tarentula) che si trova nelle zone centrali e meridionali.
Nel ‘400, nella provincia Pugliese di Taranto, il morso d’un ragno (chiamato come il nome della città: tarantola) era ritenuto responsabile di un sindrome psichiatrica isteriforme (malessere generalizzato, dolori addominali e muscolari, astenia, depressione, prostrazione, catatonia, deliri, trance) che hanno quindi chiamato “tarantismo”. All’epoca l’unica terapia esistente per questa patologia era una danza caratterizzata da movimenti frenetici scandita da una musica incalzante. Ad oggi questa terapia è divenuta un ballo popolare chiamato anche pizzica. Ma questa impressionante Lycosa tarentula, grossa e pelosa, nota anche come ragno lupo, quando ti morde, ti lascia dolore, gonfiore, arrossamento con lieve diminuzione della sensibilità nell’area morsa, eventualmente seguita da una necrosi sul punto del morso, e raramente di sintomi generici, ma non mette in stato di trance!
Quindi il colpevole era verosimilmente la vedova nera se si trattava di un morso di ragno o una sindrome fibromialgica di altra origine, in quanto, all’epoca, non si parlava ancora di neuroinfiammazione.
• di scorpione italiano (Euscorpius italicus) che provoca, come nel caso della puntura di vespa: dolore intenso immediato, prurito e gonfiore esteso intorno alla puntura, aumento della temperatura cutanea, formicolio o intorpidimento nella zona colpita, con possibile irradiazione del dolore fino alla radice dell’arto colpito.
L’episodio acuto dura 3-4 ore e i sintomi nervosi periferici spariscono in 3 giorni.
Le specie presenti in Italia sono relativamente innocue per l’uomo adulto; ma nel caso di sintomi sistemici da neurotossine dello scorpione o da reazione allergica all’istamina del veleno (sudorazione, ansia, agitazione, tachicardia, nausea, dispnea, scialorrea, spasmi e fascicolazioni muscolari) o di morso di un bimbo è più sicuro andare al Pronto Soccorso, con un’ambulanza, tenendo del ghiaccio sulla puntura, senza fare camminare la vittima, mettendo la ferita al livello del cuore o più in basso (per non accelerare la diffusione del veleno).
Lo scorpione italiano è la specie più grande del genere Euscorpius (3 / 5 cm), ha una coda corta e sottile con un pungiglione terminale, il dorso è di colore scuro, il ventre è beige e le zampe sono arancione scuro, ama i luoghi bui, umidi e caldi.
Le troviamo facilmente sotto le pietre o pezzi di rovina. Non esiste un antidoto contro il veleno dello scorpione italiano.
• di cimici da letto o da materasso (Cimex lectularius Latreille), insetti ematofagi di forma ovale (piatta e brunastra a digiuno, gonfia e rossastra dopo aver succhiato sangue) attratti di notte dal calore del letto e dall’anidride carbonica esalata.
Non trasmettono malattie, ma provocano, anche giorni dopo la puntura, generalmente non dolorosa: prurito sulle piccole macchie rosse a grappolo o in serie, con lievi pomfi, centrate da un punto più scuro, dove hanno succhiato il sangue e durano una settimana.
Le zone colpite sonno principalmente mani, braccia, collo e viso. Le reazioni allergiche sistemiche da morso di cimice sono rare, ma devono essere subito trattate al pronto soccorso.
Di giorno si nascondono, perché temono la luce, ma alcune cose posso segnalarci la loro presenza, come:la presenza di macchie fecali, piccole gocce a bordi netti sulle lenzuola o ancora, chiazze bianche che possono essere le uova o ancora pezzi di esuvia del loro rivestimento che cambiano cinque volte durante la loro vita.
• di processionaria
È una falena notturna dell’ordine dei lepidotteri e della famiglia delle thaumetopoeidae.
Sulle 40 specie diverse di processionaria, le più diffuse in Italia sono quella del pino (Thaumetopoea pityocampa) e della quercia (Thaumetopoea processionea).
Allo stadio larvale l’insetto danneggia le piante e causa danni alle persone e animali a sangue caldo, provocando reazioni cutanee ed allergiche. Facilmente riconoscibile perché si spostano in fila indiana lunghe vari metri (o in processione).
Queste larve di 3 a 4 centimetri sono ricoperte d’una peluria particolarmente urticante per proteggersi dagli predatori. Questi peli pericolosi si separano facilmente dal dorso della processionaria e quindi sono presenti sui pini e querce infettati, alle loro base e intorno.
Il vento le sposta su un raggio di 200 metri, il loro potere urticante permane per due anni e hanno una conformazione tale da facilitarne l’aderenza ad abiti, cute e mucose.
L’intensità dei sintomi varia in relazione: alla durata, alla quantità ed al tipo di contatto con i peli del bruco.
La sintomatologia si manifesta sul luogo di contatto:
Nella pelle, dove si infiggono le setole o i loro frammenti, insorge un eritema doloroso e pruriginoso che nell’arco di 24 ore si trasforma in papule con vescicole, bolle da orticaria o macchie rosse isolate che evocano il “fuoco di San Antonio” da Herpes Zoster dal quale dobbiamo fare la diagnosi differenziale.
Sugli occhi, creando una congiuntivite.
Nelle vie respiratorie, provocando starnuti, mal di gola, disfagia e difficoltà respiratoria dovuta a broncospasmo.
Nelle vie digestive se sono stati ingoiati (per esempio con un frutto contaminato e non lavato) dove provocano ipersalivazione, edema delle lingua, infiammazione delle mucose della bocca e dell’esofago, vomito e dolori addominali.
Se siete in compagnia di un cane o a cavallo, questi sono particolarmente esposti a questo rischio, perché l’uno annusa il terreno e l’altro bruca l’erba. Possono presentare delle manifestazione molto gravi come diarrea emorragica o ingrossamento della lingua , tanto da soffocare l’animale.
Nel caso di reazione allergica generale anafilattica (come già descritta sopra nelle punture di vespa), telefonare al 118.
Cosa fare e non fare :
non avvicinarsi alle zone infestate, riconoscibili dalla presenza sulle estremità meridionale dei fusti dei pini o delle querce di nidi visibili da lontano perché voluminosi e bianchi dal colore della seta che le larve hanno prodotto per costruire il nido per affrontare l’inverno.
Un altro segnale della loro presenza sono i fusti spogliati delle loro foglie mangiate dalle larve. Se la vostra escursione attraversa pinete o boschi, informatevi prima di partire presso la gente del posto,
nel caso di abitazioni in vicinanza di una pineta, state attenti prima di stendere la biancheria al sole.
Non toccare le larve, i nidi e la corteccia dei tronchi della zona infestata,
In caso di contatto accidentale (per esempio, all’occasione di un semplice riposo nell’erba d’una zona infestata), non grattarsi, lavare tutto il corpo e i capelli con acqua abbondante poi con sapone, e lavare i panni a temperatura superiore a 60 gradi, maneggiandoli con i guanti.
Lavare accuratamente con guanti la suola della scarpa che ha accidentalmente pestato una larva.
Lavare abbondantemente con dei guanti frutta ed ortaggi provenienti da campi vicini a zone infestate.
Sulla dermatite, prima di curare localmente come indicato più avanti nel capitolo trattamento, si consiglia l’uso “depilatorio” d’una striscia di scotch per asportare parte dei peli delle larve ancorati alla pelle. Non usare ammoniaca, bicarbonato o acido acetico.
Per la congiuntivite si applica un collirio antiinfiammatorio e antisettico, e si consulta un oftalmologo alla persistenza dei sintomi.
Nel caso di contatto con le mucose della bocca e delle vie respiratorie è più prudente di orientarsi verso un pronto soccorso.
CHE FARE IN CASO DI PUNTURA D’INSETTO ?
L’identificare l’insetto può essere utile, ma non è sempre possibile e comunque, in caso di sintomi gravi, non deve farci perdere tempo prezioso.
L’ideale sarebbe catturare l’insetto, portarlo al medico del Pronto Soccorso per farglielo identificare e farci dare la terapia giusta, come ad esempio l’antidoto anti vedova nera che ha azzerato la mortalità che toccava il 5 % dei casi prima della sua diffusione.
1. Valutare il rischio
a. Il primo rischio è quello dell’anafilassi in persone allergiche.
Generalmente la reazione anafilattica alle punture d’insetto emerge nell’arco di 5 a 30 minuti. In Italia, ogni anno muoiono tra 10 e 20 persone per shock anafilattico da punture di insetti.
Come descritto sopra, alcuni insetti come gli imenotteri (apidi: api, bombi; vespidi: vespe, calabroni, giacche gialle; formicidi: formiche rosse) sono più a rischio di shock anafilattico, in persone già sensibilizzate, chi di solito portano sempre con loro la siringa di adrenalina termoresistente e si fanno portare con ambulanza medicalizzata verso un Pronto Soccorso, subito dopo la puntura dell’insetto di cui sanno di essere allergici .
Nel caso in cui la persona allergica non sappia di essere allergica agli insetti, si deve comportare allo stesso modo nel caso in cui si manifestino sintomi locali (bruciore, gonfiore, dolore e prurito) e/o generali (orticaria e/o prurito generalizzati, gonfiore delle labbra, angioedema del viso e della gola con respirato corto e dolore alla deglutizione, tosse, senso di malessere intenso con vampate di calore, cefalea, rapido calo della pressione arteriosa (riduzione del 30% o più rispetto a quella abituale), tachicardia o bradicardia, angor in cardiopatico ischemico, ansia con senso di “morte imminente”, confusione, crampi addominali, nausea, vomito, diarrea, incontinenza urinaria, perdita di conoscenza, cianosi). L’attenzione ai i primi sintomi anche lievi non deve essere mai sottovalutata perché per la metà delle persone decedute per anafilassi, era il primo episodio.
Per chi sa di essere allergico alle punture di api, vespe calabroni e formiche rosse (confermata con esame del sangue RAST), conviene farsi fare per 3 anni la desensibilizzazione con dosi di veleno ridottissime che è efficace nel 90% dei casi (BOUSQUET J. et al., KRISHNA M.T. et al.).
b. La seconda urgenza da valutare è il rischio di avvelenamento.
Il veleno contiene delle sostanze allergizzante (proteine) come l’antigen 5 protein dei vespidi, responsabile del prurito, orticaria e reazione anafilattiche; ma anche delle sostanze tossiche che hanno un effetto vasodilatatore responsabile dell’edema e dell’arrossamento o ancora un effetto anticoagulante, come la saliva degli ematofagi.
I veleni possano provocare dolori, lesioni connettivali da enzimi (fosfolipasi, ialuronidasi), neurologiche, citolitiche e emolitiche.
Nei casi gravi, si incontra rabdomiolisi, miocardite e insufficienza renale.
I sintomi di avvelenamento sono specifici del veleno e quindi dell’insetto interessato. Le ho sommariamente descritti sopra nella descrizione di ogni insetto.
La moltiplicazioni delle punture aumenta la quantità di veleno e quindi la gravità dell’intossicazione.
Quando la tossicità del veleno provoca sintomi loco regionali preoccupanti o sistemici, è consigliato contattare al Centro Anti Veleni e/o di rivolgersi al Pronto Soccorso.
c. La terza urgenza da valutare è il rischio infettivo.
Insieme al veleno, l’insetto può trasmettere virus, batteri e parassiti.
Di solito i sintomi dell’infezione arrivano dopo un tempo d’incubazione che varia da qualche ora a qualche giorno, anche settimane per alcuni parassitosi. Purtroppo la ferita creata dall’istinto di grattarsi si infetterà e impiegherà più tempo per guarire.
Alcuni sintomi sono comuni a tanti tipi di infezione come dolore, gonfiore, arrossamento esteso, pus, linfonodi nel territorio loco regionale colpito, febbricola, astenia.
Altri sintomi sono specifici, come descritti sopra per ogni tipo d’insetto.
In caso d’infezione o di dubbio, rivolgersi ad un medico per una diagnosi ed una curata mirata. Nel caso d’infezione virale, trasmessa da puntura d’insetto, non donare il sangue ed utilizzare il profilattico durante i rapporti sessuali (orali, vaginali, anali), perché i virus (come per es. il virus Zeka) si trasmettono anche di questo modo, come anche dalla madre al bambino durante la gravidanza o al momento del parto.
2. Rimuovere l’insetto (zecca) o il pungiglione (ape) e disinfettare
Rimuovere tempestivamente il pungiglione nel caso di puntura da imenotteri, per impedire la diffusione del veleno.
Il raschiamento con un bordo sottile come la lama del coltello, la carta di credito o un’unghia può essere efficace.
Il pungiglione non deve mai essere rimosso tra due dita perché il suo schiacciamento inietta verso la vittima il veleno contenuto!
Nel caso della zecca, rimuoverla come descritto sopra, con un attrezzo speciale.
Detergere la zona con acqua e sapone, poi applicare acqua ossigenata seguita da un disinfettante e coprire la zona colpita con garze o tessuti puliti.
Non grattare per evitare l’amplificazione dei sintomi.
Non succhiare o aspirare la lesione.
L’effetto “venturi” potrebbe aumentare la diffusione capillare e comunque avvelenare la persona che aspira il veleno.
Al massimo, si può mettere un po’ della sua saliva con un dito, sperando che i suoi enzimi come l’amilasi, distruggono il veleno.
Nello stesso scopo di neutralizzare il veleno, si utilizza l’applicazione locale di sostanze basiche (ammoniaca, bicarbonato di sodio).
3. Applicare del ghiaccio
Il ghiaccio locale applicato sopra un panno è un ottimo antinfiammatorio che limiterà l’edema e il dolore.
4. Applicare rimedi naturali a scopo antalgico, antinfiammatorio ed antisettico. (nei casi non complicati)
a. AROMATERAPIA: (BEN DJEMAA F.G. et al., CAMPANINI E., COS S.D. et al., FAUCON M., FESTY D., LEE SY et al., MODARRESI M. et al., MULYANINGSIH S. et al., OLIVA A. et al., SALEM MZM et al., WINSKA K. Et al)
Queste oli essenziali non sono foto sensibilizzanti, ma comunque il morso d’insetto non deve essere esposto al sole.
Applicare 2 gocce ogni 3 minuti su la puntura fino al suo miglioramento, poi 3 volte al dì fino a guarigione della preparazione :
Olio essenziale Lavanda Aspic 3 gocce
Olio essenziale Menta piperita 1 goccia
Olio essenziale Eucalipto citriodora 2 gocce
Olio essenziale Geranio Rosat 2 gocce
Olio essenziale Tea tree oil 2 gocce
Per precauzione, in caso di gravidanza e sui bimbi al di sotto dei 6 anni, la formulazione è:
Olio essenziale Lavanda Aspic 3 gocce
Olio essenziale Eucalipto citriodora 2 gocce
Olio essenziale Geranio Rosat 2 gocce
Olio essenziale Tea tree oil 2 gocce
In assenza della preparazione, applicare Olio essenziale Lavanda Aspic.
Si può trovare in Farmacia o Parafarmacia, roller dermico lenitivo per punture d’insetti, contentando oli essenziali di Citronella di Java, Citronella di Ceylon, Chiodi di Garafano, Eucalyptus citriodora, Geranio, Lavanda officinalis, Lavandino, Menta piperita, Niaouli, Tea tree. (non da usare in gravidanza e sui bambini al di sotto dei 6 anni).
b. FITOTERAPIA:
Applicare pomata composta di Hypericum perforatum Tintura Madre 5 g e Calendula officinalis Tintura Madre 5 g Eccipiente q.b.100 g tre volte al dì (senza esporsi al sole).
La Calendula officinalis e l’Iperico (Erba di San Giovanni) hanno un’azione antibatterica, antinfiammatoria e cicatrizzante. In più l’Iperico, considerato l”Arnica dei nervi”, presenta un’azione sedativa sui dolori dovuti alle nevriti sempre presenti nei morsi e punture d’insetti. (CAMPANINI E., LANS C. et al., POMMIER L.)
Con la stessa azione esiste l’oleolito di Iperico e di Calendula che si applica con una garza intrisa.
In assenza coprire la puntura con una triturazione completa o incompleta di Cipolla, Porro, Aglio, Ortica, Basilico, Calendula, foglio di Pomodoro, Lavanda, Parietaria, Piantaggine, Limone, Miele.
O ancora applicare subito una fettina di papaya. I suoi enzimi proteolitici neutralizzarono le proteine dei veleni.
O ancora se avete l’Aloe vera di più di due anni nel giardino, tagliate una punta di una foglia e spalmate il succo secreto sulla puntura.
Ricco di antrachinoni, avrà un’azione antisettica e decongestionante, facilitandone la cicatrizzazione.
c. GEMMOTERAPIA: (nei casi non complicati)
25 gocce in acqua da bere prima dei 3 pasti di ogni dei questi due gemme derivati: Ribes nigrum (ribes nero) Macerato Glicerico 1 DH e Alnus glutinosa (Ontano nero) Macerato Glicerico 1 DH, per avere un’azione antinfiammatoria sistemica. (ALTINYAY C. et al., BUNIATIAN N.D. et al., CAMPANINI E., DESJARDINS J., MENGHINI L. et al.)
d. OMEOPATIA (nei casi non complicati):
Di fronte al successo, in tutto il mondo, dell’uso terapeutico dell’omeopatia nelle punture d’insetti e allo scetticismo ancora troppo presente verso questa branca della medicina, svilupperò un po’ di più questo capitolo, che secondo la mia esperienza professionale di 30 anni nell’omeopatia merita di essere preso in considerazione.
L’omeopatia consiste nell’utilizzare il principio terapeutico di similitudine enunciato da Ippocrate (Coulter H. I., Del Giudice N. et Del Giudice E., Gibson S. et Gibson R., Hahnemann C.F.S., Reckeweg H.H., Ulman D., Vithoulkas G.).
Ippocrate diceva:
“la stranguria che non è, guarisce la stranguria che è” facendo riferimento al suo uso terapeutico a piccolo dosaggio della cantaride Lytta vesicatoria Fabre (Meloidi) per guarire le cistite con spasmo urinario. L’effetto tossico della tintura madre di questo coleottero era conosciuto nel caso di abuso come rimedio afrodiasico.
L’avvelenamento si manifesta con vomito, contrazioni tonico-cloniche, disuria, bruciore urinario, priapismo, lesioni renali. La sostanza responsabile è la cantaridine.
Dopo questa scoperta, Ippocrate ha applicato questo principio, curando con delle sostanze tossiche a basso dosaggio nel caso di sintomi identici a quelli provocati dal veleno.
Nel “locus in homine” Ippocrate diceva “Per similia adhibita ex morbo sanatur”.
Dal 1790, l’applicazione di questa legge terapeutica di similitudine è stata applicata e studiata su numerosi sostanze dal medico tedesco, chimico, tossicologo, Christian Samuel HAHNEMANN, considerato “il padre dell’omeopatia”. I
I risultati delle sue sperimentazioni tossicologiche sono stato chiamate “patogenesie”.
L’insieme delle patogenesie si chiama “Materia Medica”.
I primi ad aver usato il principio di similitudine terapeutico del veleno d’api furono Esiodo (800 a.C.), Aristofane (444-385 a.C.), Ippocrate (460-377 a.C.) lo chiamava Arcanum, Galeno (129-200 a.C.), Varrone (116-27 a.C.) e Columella (1sec.). A Carlo Magno venne curata una ostinata gotta, con delle punture d’api.
È stato constatato che l’applicazione di apitossine o addirittura la puntura terapeutica della zona infiammata e gonfia d’una articolazione (come nell’artrite reumatoide) produce una riduzione dell’edema e del dolore.
Il Corano (XVI:71) cita : “Dal ventre delle api è prodotta una sostanza che è una medicina per gli uomini”
Quindi per similitudine tra i sintomi di una puntura di ape e quelli delle altre punture d’insetto, è indicato l’uso terapeutica omeopatico di Apis o di Apisinum per curare le punture d’insetto.
La prima sperimentazione di uso omeopatico di Apis mellifica è sta fatta dal medico Constantin Hering, nel 1865 (Amerikanische Arznei prufungen) sulla base dell’osservazione di Marcy (1847), medico di New York, di seguito al miglioramento dell’edema da insufficienza renale d’un suo paziente che si era rivolto ad una vecchia indiana della tribù dei Narroganssetts.
La terapia indiana era una polvere di api calcinati al forno! (CHARETTE G.)
La patogenesia di Apis Melleifica viene riportata in tutte le Materie Omeopatiche (ALLEN T.F., BOERICKE W., CHARETTE G., CLARKE J.H., DUPRAT H., GUERMONPREZ M. et al., HAHNEMANN S., HORVILLEUR A., KENT J.T., LATHOUD J.A., VOISIN H.)
Da più d’un secolo, Apis mellifica è classicamente consigliata in caso di edema infiammatorio (DESWARTE D., JOUANNY J., KOLLITSCH P., NASH E.B., PERNOT R., PIGEOT C.-A., POMMIER L., VALLETTE A.E.M., VOISIN H.)
Nel caso di assoluta certezza allergologica dell’assenza di allergia alle punture di imenotteri, si utilizza delle diluzioni dinamizzate con presenza ponderale in piccola quantità d’una tintura madre di una ape intera: APIS MELLIFICA 5 CH o 7 CH o 9 CH (HORVILLEUR A., JOUANNY J., PIGEOT C.-A.,) (o veleno dell’ape come APIUM VIRUS 5 o 7 o 9 CH) da succhiare 3 granuli ogni 5 minuti e diradare in base al miglioramento.
Esistono anche alcune preparazioni omotossicologiche (BIANCHI I., JULIAN O.A.) dove nella stessa formulazione sono presenti in accordo di potenza: Apis mellifica 2 DH, 10 DH, 30 DH, 200 DH, 1000 DH e Apisinum 6 DH, 30 DH (10 gocce sublinguali ogni 2 ore il primo giorno poi 3 volte al dì fino all’assenza di edema).
In presenza di allergia o per prudenza in assenza di informazione contraria, si utilizza un’alta diluzione dove rimane solo il principio energetico del veleno (terapeutico ma non allergizzante):
Diluzione omeopatica d’una tintura madre di una ape intera: APIS MELLIFICA 15 CH (POITEVIN B.) succhiare 3 granuli ogni 5 minuti e diradare in base al miglioramento,
o più specifico la diluzione omeopatica del veleno dell’ape : APIUM VIRUS 15 CH (anche chiamato Apisinum o Bee’s Poison o Bienengift).
Diversi studi scientifici hanno dimostrato l’effetto antinfiammatorio e antiedematoso dell’ape e del veleno d’api diluiti e dinamizzati come utilizzati in omeopatia ed in omotossicologia:
• In vitro con test di de granulazione (POITEVIN B. et al.) o con l’analisi dell’espressione genica (BIGAGLI E. et al.)
• Sull’animale (BETTIO D., BILDET J. et al., CONFORTI A. et al.)
• Sull’uomo (BERREBI A. et al., FRIESE K.H. et al., MICHAUD J., NOLLEVEAUX M.A. et al.)
Nella mia esperienza, l’uso terapeutica omeopatico e omeotossicologico di Apis Mellifica e Apisinum, nelle punture d’insetto e nelle sindromi simili con infiammazione e edema mi hanno sempre dimostrato la loro efficacia.
Sono spesso rimasto colpito per la rapidità della guarigione in particolare difronte all’uso del cortisone che in questo campo mi ha dato meno soddisfazione.
Per evitare di essere punti dalle zanzare e pappataci, vi invito a consultare l’articolo corrispondente nelle news del mio sito “COME EVITARE LE PUNTURE DI ZANZARE E PAPPATACI”.
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Dr Michel MALLARD